Jean-Claude Juncker non ha passato una domenica tranquilla, ma neanche una di quelle che fanno sembrare un incubo il ritorno in ufficio il mattino dopo. Il presidente della Commissione europea è rientrato al palazzo Berlaymont lunedì con due certezze: la prima è che un nuovo governo tedesco adesso è pronto a mettersi al lavoro; ma la seconda è che l’Italia non è persa nelle mani degli sciovinisti e degli anti-europei. Non lo è ancora, per lo meno, perché esistono soluzioni a Roma per garantire il posto del Paese nel normale funzionamento politico-istituzionale dell’Unione europea.
Né Juncker, né nessuno della sua squadra ha intenzione di pronunciarsi sull’esito del voto in Italia, né di esprimere preferenze: è troppo alto il rischio che ogni mezza parola venga equivocata per un’interferenza. Se c’è però una soluzione che ovunque a Bruxelles viene considerata da evitare (se possibile), è quella di un governo guidato da Matteo Salvini. In quasi tutte le altre capitali europee, il leader della Lega viene visto come l’uomo che ha steso una nube tossica sull’intero fronte conservatore italiano con le uscite incendiarie, le posizioni xenofobe e l’elogio della «democrazia illiberale» all’ungherese.
Anche secondo ambienti di centro-destra di Bruxelles, a questo punto a Salvini servirebbero anni di duro lavoro per tornare a essere un nome accettabile: certo non basta un’inflessione nei toni nel volgere di pochi giorni, anche perché il ricordo lasciato dal leader leghista nell’Europarlamento resta pessimo fra tutte le grandi famiglie politiche: partito popolare di Angela Merkel in testa.
Diversa è la percezione del Movimento 5 Stelle, malgrado le ambiguità sull’euro e il sostegno che Beppe Grillo dette a Brexit nel 2016. Queste restano radicali differenze di vedute rispetto all’establishment Bruxelles ma — a differenza di Salvini — i pentastellati non hanno mai calpestato la linea rossa dell’intolleranza e non hanno mai soffiato sull’odio. La stessa impressione fra gli altri gruppi politici del lavoro degli europarlamentari dei 5 Stelle è tutt’altro che negativa. Nessuno a Bruxelles salirebbe sulle barricate se il Movimento 5 Stelle fosse messo alla prova concreta del governo. Lunedì scorso, Juncker è tornato in ufficio convinto di non aver perso per strada il più grande Paese del sud.