C’è un quadrilatero, al centro della Via Emilia, che ormai tutti chiamano così: la Motor Valley italiana. Non perché lì — tra Bologna, Modena, Parma — ci sia la più alta concentrazione di produzioni automotoristiche (non raggiungerebbe quella di un singolo stabilimento Fca). Ma c’è qualcosa, nel dna di questa terra, che ne fa la capitale della velocità e dei motori estremi. È una capitale «diffusa», nel senso che va oltre i marchi più noti e che Ferrari, Maserati, Lamborghini (o Ducati, per le due ruote) sono certamente il top. Ma non da soli. Giampaolo Dallara, per dire. Il suo nome, nel mondo delle vetture da competizione e/o stradali ad altissime prestazioni, non ha bisogno di biglietti da visita. Poiché questo è un settore in cui i segreti industriali sono a livello Nasa, non c’è azienda che apra al pubblico proprio tutti i reparti (galleria del vento in primis). La Dallara Automobili non fa eccezione. Ha però appena inaugurato un’Academy. Ospita laboratori dedicati agli studenti e — soprattutto, per gli appassionati — ciascuno dei modelli che hanno segnato la storia dell’azienda da quando, nel 1972, «l’ingegnere» decise di mettersi in proprio.
In questo pomeriggio di visite, poi, è stata una Lamborghini Aventador a prendersi la scena. Il palco: quello di Imperial Group, ovvero come diventare un’azienda d’eccellenza grazie a un know how unico (Lamborghini, gruppo Volkswagen, docet) nel processo di verniciatura richiesto dalle supercar. Supercar che non avranno mai (forse) problemi di cybersecurity. Almeno non quanto una qualsiasi vettura mass market. È verissimo però che questo — la difesa da hacker che potrebbero prendere di mira un’auto esattamente come fanno con un computer — nell’era digital è uno dei temi in primo piano nell’agenda di qualunque costruttore. Negli uffici modenesi della Vem Sistemi la domenica di Open Factory dà un’idea di cosa significhi e cosa comporti, mettere «in sicurezza» il modo di lavorare, di viaggiare e in definitiva semplicemente di vivere in un mondo sempre più influenzato dalla cosiddetta «quarta dimensione» internettiana.
Più ludico, di ritorno su Parma, il passaggio in Davines. Non meno tecnologico, però. Chi pensa che il gruppo produca «solo» shampoo e prodotti per capelli, si ricrederà visitando il laboratorio di Ricerca & Sviluppo, la fabbrica vera e propria, l’orto scientifico. E si farà in parallelo un’idea di cosa voglia dire, nella pratica, «economia sostenibile».
*L’Economia, 19 novembre 2018