Il ministro degli Esteri, Enzo Moavero è appena reduce dal vertice a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte convocato per «fissare i parametri base dei rapporti economici con Pechino e creare un sistema di attento monitoraggio sul rispetto dei paletti posti ai contenuti del Memorandum preannunciato dal premier». Moavero si accinge a rappresentare l’Italia, lunedì alla riunione mensile dei ministri degli Esteri Ue e alla riunione ministeriale della Nato, di inizio aprile a Washington. Inoltre, la settimana prossima, sarà a Bruxelles, insieme al presidente Conte, al Vertice Ue fra i capi di governo, dove si discuterà di Brexit, disinformazione, summit di aprile fra Ue e Cina, futuro dell’Europa (dalla crescita economica, alle elezioni europee).
Prima il Tap, poi il mega-radar Muos, gli F35 e ora il 5G della cinese Huawei. Ieri ha incontrato l’ambasciatore americano: sta cambiando davvero qualcosa, e cosa, nei rapporti tra Italia e Stati Uniti?
L’Alleanza atlantica è un punto di riferimento essenziale, che considero irrinunciabile per la politica estera italiana. I rapporti tra Italia e Stati Uniti vanno inquadrati nella solidità di un’alleanza forte, corroborata nel tempo. Anche il nostro impegno nella Nato resta convinto e leale. Rispetto alla nuova tecnologia, detta 5G, è naturale porsi una questione di sicurezza nazionale, viste le sue potenzialità; si tratta di preoccupazioni condivise nel Governo. Il corretto flusso e la riservatezza dei dati in rete vanno garantiti sempre, è un dovere verso tutti i cittadini e una priorità per lo Stato.
Lunedì prossimo tutti i ministri degli Esteri Ue incontreranno il collega cinese a Bruxelles e poi, giovedì sera, nella cena dei capi di Stato e di Governo si affronteranno i rapporti tra Europa e Cina. Verrà discusso il Mou Italia-Cina?
Non è il tema all’ordine del giorno. La prevista discussione riguarda la preparazione del vertice ad hoc tra Ue e Cina, del 9 aprile prossimo. Il focus è sull’insieme degli articolati rapporti fra Unione europea e Cina. Con riguardo, poi, alle relazioni bilaterali fra i vari Stati membri Ue e la Cina, va tenuto presente che paesi come Francia, Germania e Regno Unito sono stati, in passato, molto attivi. Noi abbiamo, per esempio, ampi margini di miglioramento della presenza di nostri prodotti sui mercati cinesi, perché siamo oggettivamente più indietro nell’interscambio con Pechino.
Sempre giovedì prossimo sul tavolo i capi di Stato e di Governo si troveranno il dossier Brexit. Per quanto tempo l’Ue sarà ancora a 28?
È quasi un rebus. Una vicenda che sta riservando grande suspense quasi come nei film di Hitchcock, per restare in clima inglese. La sequenza di voti alla Camera dei Comuni mostra un quadro ancora in via di definizione. Si sono pronunciati negativamente sia sull’accordo di recesso negoziato dal governo del Regno Unito per il “divorzio” da Bruxelles, sia sull’eventualità di un’uscita “senza accordo”. Poi ci sono stati altri voti: si è detto no a una richiesta di proroga per permettere il ricorso a un nuovo referendum; si è votato sì a una proroga breve, fino al 30 giugno, ipotizzando che mercoledì 20, alla vigilia del Consiglio europeo, si voti infine a favore dell’attuale accordo di recesso, sinora più volte respinto. Se questo avviene, si dovrà esprimere il Consiglio a 27 (senza la signora May), all’unanimità. Un percorso ancora irto di complessità.
Quale impatto ci sarebbe sulle prossime elezioni europee?
Se si fissa la proroga breve del recesso al 30 giugno, i britannici non voteranno perché il Parlamento si insedia formalmente il 1 luglio. Altrimenti, le ipotesi sono due: o l’uscita senza accordo a fine marzo (e quindi nessun voto alle europee) oppure una proroga, di durata da definire, oltre il 30 giugno: in quest’ultimo caso, si voterà anche nel Regno Unito per eleggere i parlamentari europei. Se invece c’è l’uscita, è previsto di ripartire alcuni dei seggi che spettano ai britannici fra gli altri Stati membri Ue in funzione della loro popolazione. Il totale dei seggi passerebbe dagli attuali 751 a 705 e per esempio, all’Italia ne spetterebbero 3 in più (da 73 va 76).
Al di là di questo quali sono le novità di queste elezioni?
Penso ci sia, per la prima volta, un confronto aperto e variegato fra visioni diverse sul futuro dell’Europa: da una parte quella tradizionalmente integrazionista, in prospettiva federalista, e dall’altra quella più sovranista. Inoltre, sempre per la prima volta, assistiamo a un dibattito politico, vivace, perfino ruvido, che travalica i confini degli Stati con dibattiti e scontri tra leader di Paesi diversi.
Si allude al caso Macron – Di Maio?
Non solo. Dobbiamo abituarci a guardare con occhi diversi i rapporti transnazionali in seno alla Ue. Da sempre fra gli Stati membri c’è una miscela di cooperazione e competizione. Le economie sono fortemente interdipendenti e gli interessi nazionali convivono con quello generale europeo.
Resta il fatto che rispetto al lavoro fatto da Monti, Letta, Renzi e Gentiloni il governo giallo- verde ha inibito all’Italia la possibilità di partecipare al direttorio franco-tedesco.
Una delle novità degli ultimissimi anni nella vita dell’Ue è la presenza, accanto a formati tradizionali (come l’intesa franco-tedesca), di svariati altri gruppi di Paesi come quelli di Visegrad o gli Anseatici del Nord oppure Euromed fra i Mediterranei. Geometrie variabili, per così dire, ‘gruppettare’, che rendono l’Europa più simile a un arcipelago. Difficile allora parlare di isolamento di questo o quel Paese: tutti sono più “isole” rispetto alla situazione di qualche anno fa.
Nessun isolamento dell’Italia neppure sui migranti?
Noi insistiamo, direi proprio con ragione, su una maggiore responsabilità e solidarietà condivisa. L’Italia ha il merito di porre schiettamente il problema nella sua complessità dall’azione nei paesi d’origine dei migranti, alla lotta ai trafficanti di esseri umani, fino alla questione dell’accoglienza e dei rimpatri. Ogni onere va distribuito equamente tra tutti gli Stati membri dell’Ue.