Se la palma del botta e risposta più spettacolare va ex aequo all’americano Ian Bremmer e allo scozzese Niall Ferguson, che hanno duellato sui nuovi scenari geopolitici («da solo valeva il prezzo del biglietto» ha commentato Enrico Letta), il protagonista istituzionale della prima giornata di Cernobbio è stato Enzo Moavero Milanesi. Non era facile interpretare il ruolo di ministro degli Esteri di un governo populista ed euroscettico al forum Ambrosetti, tradizionale covo di europeisti mainstream. Moavero lo ha fatto in maniera egregia, al punto da meritare il plauso convinto di due esponenti dell’opposizione saliti in riva al lago di Como, l’ex premier Paolo Gentiloni («sono d’accordo al 100%») e Renato Brunetta («ha raffreddato le apprensioni»).
Agli imprenditori presenti in sala, che rispondendo a un sondaggio si dichiarano al 90% preoccupati del possibile risultato delle elezioni europee del 2019, Moavero ha garantito che l’Italia non ha nessuna intenzione di guardare con distacco ai problemi europei, anzi. A cominciare dalla definizione del bilancio di Bruxelles. «Il dibattito è già cominciato, perché la Commissione prima dell’estate ha presentato le proposte formali — ha raccontato il ministro —. E noi pensiamo che il quadro di bilancio pluriennale dell’Unione europea, non sia adeguato alle sfide che deve affrontare. Pensiamo che vada rivisto e si debba anche lavorare su come nutrirlo». Un esempio su tutti. «Se si vuole fare una seria politica delle migrazioni, con una forte azione di cooperazione e sviluppo e di investimenti nei Paesi di origine dei migranti, occorrono risorse superiori a quelle attualmente previste». Altrimenti parlare di un piano Marshall per l’Africa, come pure si fa, suona velleitario e non solo perché il continente nero non ha prodotto classi dirigenti affidabili. «Mancano i De Gasperi e gli Adenauer che nell’Europa del dopoguerra seppero usare al meglio il primo Marshall».
Ma come aumentare le risorse a disposizione del bilancio Ue? Secondo Moavero bisogna battere strade nuove a cominciare da una tassazione federale che colpisca «chi fa slalom fiscale» tra le varie legislazioni nazionali. La seconda voce potrebbe riguardare project bond, titoli di debito europeo «sui quali mettere al lavoro la Bei che capitalizza più della Banca Mondiale». Insieme all’armonizzazione fiscale la politica sociale della Ue dovrebbe darsi un altro impegno prioritario: un piano comune per gli investimenti pubblici. «Oggi assistiamo al paradosso che alcuni Stati virtuosi potrebbero spendere e non lo fanno e altri considerati meno virtuosi vorrebbero farlo e non possono». Che il primo riferimento fosse alla Germania è parso chiaro anche perché Moavero in un altro spezzone del suo intervento ha auspicato «procedure sanzionatorie di Bruxelles verso chi ha surplus commerciali eccessivi». E comunque anche a chi non ama il governo Conte il ministro degli Esteri ha ricordato che «stiamo facendo del nostro meglio» per portare avanti l’obiettivo di una «crescita nella stabilità e il dibattito di oggi mi conforta in questa direzione».