Prende forma l’«avvio» graduale della flat tax richiamato dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, al termine del primo vertice di Governo sulla manovra. E cominciano a emergere i primi numeri di questo antipasto di tassa piatta che dovrebbe riguardare solo le imprese e in particolare le partite Iva. Numeri che fanno intravedere un taglio di tasse per 1,7 miliardi di euro. Il progetto a cui sta lavorando il Mef e in particolare il sottosegretario all’Economia, Massimo Bitonci (Lega), prevede l’ampliamento dell’attuale regime forfettario e che di fatto sarà una flat tax al 15% per le imprese minori. Il cantiere è all’opera, e dovrebbe vedere in questi giorni un secondo incontro fra i ministri prima della pausa estiva. La giornata più probabile è domani, quando è prevista una riunione del Consiglio dei ministri. Gli spazi per far quadrare i conti tra misure da approvare e saldi da rispettare sono stretti, ma il traffico dei dossier è intenso. Ieri sono tornate a filtrare le voci su una possibile introduzione di quota 100 per le pensioni (tema ignorato dai comunicati post vertice di venerdì scorso), e il vicepremier Luigi Di Maio ha rilanciato ieri, nel corso della discussione sul voto finale al decreto lavoro, l’intenzione di introdurre nella manovra un taglio strutturale del cuneo fiscale.
Naturalmente molto dipende anche dalla dinamica degli interessi sul nostro debito pubblico e quindi dal giudizio degli investitori sulla sostenibilità dei programmi governativi. Ieri è stata una giornata positiva con lo spread sui titoli decennali sceso sotto quota 251, e anche i Btp a due anni hanno perso un po’ degli effetti della fiammata di venerdì chiudendo con un rendimento appena sotto l’1% (0,99%).
Tornando ai numeri della flat tax, secondo le prime simulazioni dei tecnici di via Venti Settembre,la nuova tassazione per le partite Iva a regime potrebbe garantire un gettito di oltre 3 miliardi di euro. «E questo – spiega Bitonci – grazie alla possibilità di far emergere dal sommerso una serie di piccole e micro attività sulla spinta di un prelievo fiscale sostenibile». Il sottosegretario, da sempre sostenitore dei regimi speciali, ricorda che attualmente hanno aderito al regime dei forfettari e dei minimi 935mila soggetti e che potrebbero raggiungere quota 1,4 milioni aumentando gli attuali limiti di ricavi riscritti dalla Finanziaria del 2016 (legge 208/2015). L’ipotesi allo studio è quella di farsi autorizzare il raddoppio dell’attuale tetto massimo di 50mila euro riconosciuto al commercio e ai servizi di alloggio e di ristorazione. Come spiega Bitonci ogni 5mila euro di aumento delle soglie di ricavo (oggi vanno dai 25mila euro per costruzioni e attività immobiliari fino a 50mila euro come detto) garantirebbe un taglio di tasse alle partite Iva pari a 130 milioni di euro. A conti fatti l’imposta del 15% sostitutiva di Irpef e relative addizionali, Irap e Iva taglierebbe il carico fiscale sulle persone fisiche con reddito d’impresa per 4,8 miliardi cui si aggiungerebbero 178 miliardi di taglio dell’addizionale regionale e di altri 88 milioni per quella comunale. Il taglio Irap sarebbe stimato in 217 milioni mentre sul fronte Iva la riduzione di tasse dovute è di altri 250 milioni.
Sulla sostenibilità economica della misura, Bitonci non ha dubbi anche perché ricorda che la flat tax per le imprese minori decollerà dal 2019 e per l’anno prossimo la perdita di gettito per l’Erario è data dai 250 milioni di minor Iva, mentre su Irap e imposte dirette l’effetto di cassa è tutto ribaltato sul 2020. Il costo potrà essere ulteriormente ridotto con una partenza graduale, ossia aumentando la soglia di ricavi inizialmente a 65mila euro. Soglia su cui il Mef ha già incassato il via libera informale da Bruxelles. Una volta avviata, per Bitonci, quota 100mila per la flat tax delle imprese minori non è impossibile.