Il primo bilancio di «Connettere l’Italia», il programma con cui Graziano Delrio ha ridefinito il quadro delle priorità individuando «solo infrastrutture utili al Paese che cambia», è pronto per entrare nell’allegato al Def che dovrebbe essere approvato in settimana. È un piano prioritario da 140 miliardi che conta su 103 miliardi già disponibili (82,7 miliardi individuati dal ministro negli ultimi tre anni) e 36 miliardi da reperire (anche con il rifinanziamento del fondo investimenti in legge di bilancio). Ci sono poi 48 miliardi per un piano di secondo livello, finanziato per 34 miliardi. Le risorse disponibili per il piano prioritario sono andate per 35 miliardi a strade e autostrade, 43 alle ferrovie, 20 alle città metropolitane, 2 ai porti e 3,6 agli aeroporti. Ci sono 25 miliardi da privati e tariffe e 29 da residui della legge obiettivo. Al Sud vanno 43 miliardi, il 31%.
«Connettere l’Italia» è la terza via scelta da Delrio nella pianificazione delle infrastrutture pubbliche fra la politica «grandi opere è sempre bello» (culminata in Italia con la legge obiettivo) e «grandi opere mai» (slogan vissuto quotidinamente sui territori in ossequio alla doppia ideologia del Nimby e dei veti amministrativi). «Abbiamo scelto – scrive Delrio nell’introduzione a “Connettere l’Italia”, pubblicato da Franco Angeli – di fare e completare solo le opere utili, concentrando le risorse e lavorando per una mobilità più sostenibile e sicura: un lavoro paziente e serio, un lavoro collettivo che ha tenuto uno sguardo lungo sul Paese». La “terza via” vorrebbe resistere agli avvicendamenti di maggioranze politiche o addirittura essere un elemento capace di creare convergenze sostanziali fra partiti. È l’auspicio di Delrio, ma anche delle imprese: Confindustria e Ance hanno apprezzato la programmazione svolta dal ministro e chiedono che ora non si ricominci da zero smontando tutto. Hanno però anche denunciato come riprogrammazione e stanziamenti non siano bastati a rilanciare il settore che ha bisogno di correzioni normative (codice appalti e semplificazioni) e di una Pa più efficiente per tornare a crescere.
Ma quali sono gli elementi che possono consentire al lavoro di Delrio – e della struttura tecnica di missione guidata da Ennio Cascetta prima e da Giuseppe Catalano ora – di sopravvivere nella nuova stagione politica e di passare alla fase operativa senza essere stravolto?
Anzitutto, la project review che ha portato al riesame di una ventina di grandi progetti (fra cui Torino-Lione, autostrada Tirrenica e Salerno-Reggio) e ha consentito finora risparmi da minori costi per 40 miliardi e ne promette per altri 10. Questa operazione, che ha ridotto il gigantismo di alcuni interventi strategici, ha anche rilanciato gli interventi diffusi. «Le scelte compiute nei diversi settori – scrive Delrio – vogliono portare il Paese al livello dei migliori Paesi europei: l’apertura dei tunnel sotto le Alpi, l’estensione dell’Alta velocità al Sud e la progettazione dell’Alta velocità di rete, il robusto piano di manutenzione delle strade, la razionalizzazione del sistema logistico a partire dai porti e le ingenti risorse impegnate nel trasporto locale, anche per un rinnovo del parco autobus treni». Tutti elementi che – insieme alla massa di risorse disponibili e all’addio alla legge obiettivo – potrebbero piacere anche a M5S e Lega, che puntano al rilancio infrastrutturale per far crescere il Paese.
Un esempio della nuova pianificazione, che punta a «valorizzare il patrimonio esistente» è proprio l’Alta velocità di rete (Avr), centrata su «interventi di upgrade tecnologico e velocizzazione di linee già esistenti, come la dorsale Adriatica, la Napoli-Reggio Calabria, la Venezia-Trieste e la trasversale Roma-Ancona». Per andare da Roma a Reggio Calabria 4 ore contro le 4 e 40 minuti attuali, da Roma a Bari 3 ore e mezza contro le 4 e 50 attuali.
La seconda novità rivoluzionaria per l’Italia decolla in questi giorni: è il fondo per la progettazione delle opere strategiche con la distribuzione dei primi 110 milioni. È stato appena registrato dalla Corte dei conti del decreto ministeriale che ripartisce i fondi disponibili fra le 15 Autorità portuali (30 milioni), le 14 città metropolitane (25 milioni) e i loro comuni capoluogo (30 milioni) e ancora altri 37 comuni con più di 100mila abitanti (25 milioni). Finisce la follia italiana che non è possibile finanziare progetti se non c’è già uno stanziamento per l’opera ma non si può decidere quanto costa l’opera (e se è utile) senza un progetto.
Catalano fa notare un’altra utilità del fondo progetti. «Prendiamo – dice – la città di Roma che ha ora le risorse per progettare. Potrà finalmente avviare la project review della metro C e farci sapere con quali correzioni o integrazioni, eventualmente, andare avanti». Una mano tesa alla Capitale, ma anche la fine di tanti alibi che hanno alimentato il settore delle infrastrutture negli ultimi 30 anni.