Fedele al suo pragmatismo, Angela Merkel ha annunciato ieri senza scomporsi la sua uscita “ordinata” dalla scena politica, indicando a una Germania sotto shock per questo improvviso cambiamento “epocale” e “storico”, un percorso programmato in tre tappe: non si candiderà alla guida della Cdu al congresso del prossimo 8 dicembre, rimarrà cancelliera fino alle elezioni federali del 2021 per le quali non si ricandiderà né come deputata in Parlamento né alla cancelleria e rifiuterà da qui ad allora qualsiasi poltrona europea. Eppure la fine dell’era Merkel, durata 18 anni come prima donna leader del primo partito tedesco e segnata da quattro mandati in cancelleria, ha colpito la Germania con la violenza di “una bomba”, nelle parole dei commentatori politici tedeschi, la cui deflagrazione già ieri era per nulla ordinata.
La disfatta alle elezioni in Assia, dove la Cdu è passata dal 38% del 2013 al 27,4% – secondo la cancelliera dovuta soprattutto alla cattiva percezione che gli elettori hanno del governo della Grande Coalizione e del partito a livello nazionale -, ha dato alla Merkel l’opportunità di assumersi «la piena responsabilità» del declino in corso e di far quello che aveva deciso a fine estate «dopo una lunga riflessione»: «aprire un nuovo capitolo», mettere un punto e ricominciare, non far finta di nulla di fronte ai segnali inequivocabili dell’elettorato, focalizzarsi sul da farsi nella GroKo come cancelliera e sgombrare subito il campo al rilancio interno nel partito. Oltre ad Assia e Baviera, dove la batosta della Cdu e della Csu è stata senza precedenti questo mese, brucia sul curriculum della Merkel il peggior risultato dal Dopoguerra delle elezioni federali del settembre 2017. Ma anche le prossime elezioni regionali-statali la preoccupano, in un momento in cui vede che in Germania «la democrazia si sta indebolendo e va rafforzata». Nel 2019, oltre alle elezioni europee, la chiamata domestica alle urne riguarderà tre Länder della ex-Germania dell’Est dove l’ascesa dell’Afd preoccupa maggiormente: Sassonia in estate, Turingia in autunno e Brandeburgo il primo settembre. La Cdu deve rimanere il grande partito di centro e riconquistare quei voti persi a sinistra e andati ai Grünen e a destra all’AfD, ha detto ieri il Volker Bouffier, il premier Cdu uscente dell’Assia che ha ora il mandato a formare il nuovo governo. Un punto di vanto per una Merkel che ci ha tenuto ieri a darsi un’uscita dignitosa: «Non si può formare alcun governo in Germania senza la Cdu e questo è un successo, non è una cosa da poco», ha rimarcato in risposta ai giornalisti in una conferenza stampa che segna la storia della Germania.
Puntualizzando che la rinuncia alla guida del partito non va confusa per una “dimissione”, la Merkel ha dovuto però ammettere di non aver potuto tener fede a un altro suo impegno, quello di mantenere assieme la poltrona di leader della Cdu con quella di cancelliera: un consiglio che aveva avuto da Helmut Kohl e che finora era riuscita a rispettare. Ma non sempre, ha convenuto la Mutti della Germania, è possibile attenersi ai piani, quando gli eventi non lo consentono bisogna cambiare corso: «Sarà comunque per un periodo limitato e temporaneo», ha spiegato in riferimento al ruolo di cancelliera senza leadership Cdu . Per quanto temporaneo, questo periodo è iniziato ieri con le prime onde d’urto della bomba politica della cancelliera. È già partita la corsa alla leadership della Cdu, con due candidati apertamente in gara come Annegret Kramp-Karrenbauer insediatasi come segretario della Cdu per volere della stessa Merkel (e garante di una certa continuità)o il moderato primo ministro del Land Nordreno-Westfalia Armin Laschet (ancora molto dietro le quinte), oppure Jens Spahn e Friedrich Merz, provenienti dall’ala più di destra del partito e portatori di discontinuità rispetto al regime Merkel appartenente all’ala di sinistra del partito.
Altre onde d’urto hanno fatto tremare gli altri due partiti della GroKo, una Spd in piena crisi esistenziale ma con la sua leader Andrea Nahles che ancora ieri ha dimostrato di non avere alcuna voglia di lasciare né la sua poltrona né la Grande Coalizione, e la Csu con un leader scomodo come Horst Seehofer che molti danno oramai in uscita non ordinata, con i giorni contati dopo la débâcle delle elezioni in Baviera, peggior risultato dal Dopoguerra.
La stessa Merkel, in maniera molto sommessa, ha ricordato ieri che Cdu, Csu e Spd si sono dati un momento di verifica ad interim, a metà strada, dopo due anni di percorso insieme in GroKo. Quel che ha fatto capire ieri la cancelliera è che non è più disposta a continuare a governare con una litigiosità tra ministri senza precedenti che ha allontanato gli elettori e che lei considera inaccettabile. In quanto all’Europa, una Merkel indebolita e più debole di quanto non fosse trapelato finora non potrà di certo accelerare il passo delle grandi riforme europee.