Sulla soglia della saletta riservata alla delegazione tedesca, Angela Merkel impone il suo “fuori tutti”. « Dobbiamo parlare a quattr’occhi ». Giuseppe Conte sorride e accetta, al premier piace poter rivendicare un colloquio personale con la regina dell’ultima decade Ue. Lo staff presidenziale, invece, è percorso da un brivido. E infatti il messaggio della Cancelliera è a dir poco allarmante, perché prepara quindici giorni da montagne russe. Il senso è: «Senza stabilità e fiducia reciproca ci sono conseguenze sugli altri paesi dell’eurozona, le regole vanno rispettate. Ci sono delle procedure da seguire e la Commissione lo farà. Altrimenti la situazione può complicarsi». Vorrebbe un segnale da Conte. Un segnale che l’avvocato degli italiani vorrebbe dare, ma non può: «La coalizione politica è convinta che la strada intrapresa sia quella giusta » . Di fatto, ammette che Luigi Di Maio e Matteo Salvini non accetterebbero un passo indietro. L’unica rassicurazione che è in grado di concedere non tranquillizza nessuno. «Non abbiamo alcuna intenzione di uscire dalla moneta unica». È il minimo sindacale, ma con un vicepremier che spadroneggia a Mosca nulla è scontato.
È la vigilia del processo al governo italiano. Si consumerà già oggi durante il pranzo del Consiglio europeo dedicato alla moneta unica. È la Commissione, d’altra parte, a voler “governizzare” il caso Italia. L’ha deciso ieri nel corso di una riunione presieduta da Jean- Claude Juncker, poco prima che il responsabile del Bilancio Ue Oettinger annunciasse la scelta unanime dei commissari di « rigettare » la legge di bilancio. E dunque saranno l’olandese Rutte e il lussemburghese Bettel, apripista delle istanze di Merkel e Macron, a mettere al centro della discussione dei leader il dossier. Poi ci sarà spazio solo per l’iter che conduce alla bocciatura. La prima lettera di ammonimento della Commissione partirà tra stasera e domani. E il tempo concesso all’Italia per rispondere sarà strettissimo: al più tardi martedì prossimo, giorno in cui a Strasburgo la squadra di Juncker approverà – salvo renderla pubblica qualche giorno dopo – la richiesta di cambiare la manovra entro tre settimane.
La tempesta perfetta è all’orizzonte, Merkel non fa altro che indicarla con il dito al capo del governo italiano. Lo spread ieri è schizzato fino a lambire quota 310. La Borsa ha lasciato sul campo altre energie. I bancari, vero anello debole del sistema, continuano ad avere il fiato corto. E tutti, a Roma e a Bruxelles, attendono il vero giudice di questa crisi: le agenzie di rating.
Conte sa che dal loro giudizio, previsto per il 26 ottobre, dipenderà moltissimo del suo futuro. Eppure il premier, incalzato da Merkel e stuzzicato a margine della cena sulla Brexit dai colleghi più preoccupati per la tenuta dell’euro, può soltanto allargare le braccia e provare a cercare un’intesa. « Salvini e Di Maio non vogliono modificare la legge di bilancio, dobbiamo fare i conti con questa realtà » . Tanto che pubblicamente deve sposare la tesi dei suoi vice: « Non c’è margine per cambiare la manovra, l’abbiamo studiata bene».
Il presidente del Consiglio, in realtà, potrebbe essere arruolato nella schiera dei trattativisti. Un gruppone che dal Colle scende fino a Bankitalia e coinvolge alcuni settori della Lega. Tutti consapevoli – pensando anche al doppio colpo di fine mese tra rating e bocciatura Ue – che oltre quota 400 lo spread renderebbe la retromarcia obbligata. Se non fosse che i due azionisti di maggioranza sono disposti a far cadere il governo, ma non a ritoccare la manovra. « Bruxelles – attacca Salvini – non si sogni nemmeno di mandarci la Troika » . E Di Maio, citando con i suoi Paolo Savona: « Cederanno, se fanno crollare l’Italia, cade anche il resto d’Europa».
È esattamente quello che Merkel non vorrebbe sentirsi dire. Anche perché basterebbe un restyling parlamentare alla manovra per superare il rischio di una collisione tra Roma e Bruxelles. L’allarme della Cancelliera è altissimo. Lo stesso che Pierre Moscovici porterà domani nella Capitale, incontrando Sergio Mattarella, Ignazio Visco e ovviamente Giovanni Tria. « La Commissione e i governi hanno molte domande sugli obiettivi di bilancio del governo e sulle sue conseguenze » , spiegava alla vigilia di un tour inusuale. E per questo molto preoccupante.