Il 20 novembre Leonardo Del Vecchio incasserà 28,9 milioni di euro: sarà il suo primo dividendo da azionista al 6,94% di Mediobanca, pari a 0,47 euro per ciascuno dei suoi 61 milioni di titoli. È un beneficio frutto della gestione del ceo Alberto Nagel, che in questi giorni gli analisti (Citi, Autonomous, Kepler Cheuvreux) sottolineano come «rarità nel sistema bancario italiano», avendo centrato tutti gli obiettivi dei piani industriali diversificando i ricavi e rafforzando il patrimonio senza chiedere soldi ai soci. Ma nel frattempo il patron di Luxottica potrebbe già guardare più lontano: con la sua holding lussemburghese Delfin starebbe meditando portandosi oltre il 10%, dopo aver ottenuto l’autorizzazione della Banca centrale europea agli acquisti fino alla soglia successiva del 20%. Per Del Vecchio, che pure è accreditato di un patrimonio di 20 miliardi di dollari, si tratterebbe di passare da un investimento di 580 milioni di euro a oltre 1,7 miliardi per il 20%.
Secondo l’indiscrezione di ieri del Sole 24 Ore Del Vecchio comunque non avrebbe ancora effettuato la richiesta alla Bce (per la quale sarebbe assistito dallo studio legale Erede) ma sul mercato si parla già di acquisti ulteriori fino al 9,5%. Per l’ok di Francoforte servirebbero circa 60 giorni. In assenza di prese di posizione di azionisti importanti, a cominciare da Unicredit — che resta ferma sulla posizione di «investimento finanziario» con l’8,8% — l’unico argine a difesa dello status quo di Piazzetta Cuccia è proprio la Vigilanza: autorizzerà o no un soggetto industriale singolo a diventare azionista di riferimento di una banca che per di più possiede il 13% di Generali, di cui a sua volta Del Vecchio ha il 5%? Sono pochi i casi di imprenditori grandi azionisti di banche: la famiglia Maramotti in Credem e la famiglia Malacalza in Carige. Se però la vigilanza Bce guidata da Andrea Enria darà l’ok, le munizioni sono dalla parte di Del Vecchio. Che potrebbe comprare sul mercato o, più probabilmente, dalla stessa Unicredit — ora che il titolo si avvicina al prezzo medio di carico di 9,89 euro (il calcolo è di Equita) — o dalla holding di Vincent Bolloré, al 7,9%.
Le voci sull’ascesa di Del Vecchio hanno sostenuto il titolo, ieri +1,22% a 9,82 euro. Del Vecchio non dichiara, restando alla dichiarazione del 17 settembre: l’investimento è «un’ottima opportunità per la qualità, la storia e le potenzialità di crescita di Mediobanca in Italia e all’estero. Siamo un azionista di lungo periodo e daremo il nostro sostegno per accelerare la creazione di valore a vantaggio di tutti gli stakeholder». Del Vecchio potrebbe puntare intanto a eliminare la clausola del «manager interno» per il ceo. L’occasione avrebbe potuto essere l’assemblea Mediobanca del 28 ottobre, ma Delfin ha fatto scadere il termine di ieri per integrare l’ordine del giorno. Se ne riparlerà: il board scade nel 2020.