Il cuore della questione, secondo Ignazio Visco, non riguarda le scelte sull’economia o sul bilancio, né le banche e neanche la politica. Riguarda le istituzioni: la loro indipendenza e i rapporti fra di esse. È questa la preoccupazione che ieri pomeriggio ha spinto il governatore della Banca d’Italia a salire al Quirinale per parlare a Sergio Mattarella, poche ore prima delle nuove nomine nel direttorio di Via Nazionale. E in buona parte è sempre questa la preoccupazione che ieri mattina — ma separatamente — aveva indotto il capo dello Stato a chiamare i presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, per esprimere dubbi sulla portata del mandato della Commissione parlamentare sulle banche.
Le due partite nella giornata di ieri hanno viaggiato su binari diversi.Eppure tutti gli attori di questa partita, nelle istituzioni come nelle forze politiche, capiscono che la posta in gioco è la stessa: la tenuta della piena autonomia delle autorità monetarie e di vigilanza, quelle che in tutta l’area euro non rispondono mai ai governi. L’integrità dei loro poteri è uno dei fattori ai quali si guarda non solo da Bruxelles o Francoforte. Anche dai mercati e dalle agenzie di rating l’attenzione all’assetto delle istituzioni e alla separazione dei poteri in Italia è alta, a maggior ragione ora che è chiaro a tutti come il debito pubblico salirà quest’anno e forse anche nel 2020.
Vista dagli uffici di Visco, questa non è una sfida a scacchi fra inquilini di palazzi romani. In gioco non c’è la vanità dei singoli. È una partita per il funzionamento del sistema di regole del Paese. Sono in fondo queste le considerazioni che hanno indotto il governatore a visitare Mattarella ieri pomeriggio per chiarirgli la propria posizione. Su indicazione dello stesso governatore, il Consiglio superiore si stava preparando a indicare tre nomi nel direttorio di Via Nazionale: la promozione di Fabio Panetta a direttore generale e numero due dell’istituto, l’ingresso come vicedirettori generali di Daniele Franco e Alessandra Perrazzelli. Il tema che Visco ha indicato a Mattarella non riguardava le tre persone, ma il metodo: secondo la legge italiana e l’ordinamento europeo l’istituto di Via Nazionale «è indipendente», ha ripetuto il governatore ieri. È ai suoi organi che spetta di indicare le proprie figure di vertice, meno quella del governatore stesso: senza interferenze, neanche indirette, da parte del potere politico.
Visco ha spiegato al Quirinale che teneva al fatto le tre nuove nomine passassero in un solo pacchetto, senza enucleare quella del solo Panetta. Su quest’ultimo non sembrano esserci riserve nel mondo politico, né nella maggioranza né all’opposizione. Quella di Panetta, da tempo ai vertici della Banca d’Italia, è una figura che chiunque abbia governato negli ultimi anni conosce bene. Nei suoi diversi ruoli in Via Nazionale ha collaborato strettamente prima sulla crisi del debito, poi sui dissesti bancari con tutti gli inquilini di Palazzo Chigi dal 2011: Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, poi Giuseppe Conte. Per lui hanno avuto parole di apprezzamento sia leader del Pd come Carlo Calenda, che esponenti gialloverdi. Si tratta di un banchiere centrale senza contiguità politiche, che negli ultimi anni ha polemizzato con Bruxelles o la Banca centrale europea sulla gestione delle crisi bancarie. Visco fa molto affidamento su di lui, come aveva fatto Mario Draghi da governatore in Via Nazionale. Ma Visco stesso ieri era preoccupato che nel governo Conte qualcuno cercasse di spacchettare la nomina di Panetta, non controversa, per fermare invece le altre due. Daniele Franco, ragioniere dello Stato in uscita, era stato oggetto di attacchi dei 5 Stelle durante la stagione di bilancio in autunno. E Alessandra Perrazzelli, ex amministratore delegato di Barclays in Italia, ha un profilo molto adatto ai negoziati sulla banche in Europa ma non è una figura nota ai gialloverdi.
I timori del governatore poggiano su un’esperienza concreta: da due mesi il Consiglio dei ministri blocca la conferma di Luigi Federico Signorini nel direttorio, che dovrebbe essere composto di quattro persone più Visco stesso. Il governo non ha potere di veto sui membri designati del direttorio, deve solo esprimere un parere non vincolante per poi mandare le nomine alla firma di Mattarella. Ma nel caso di Signorini non si pronuncia, ha bloccato la procedura e ora il tempo stringe: se lo stallo proseguisse, visti i posti in scadenza, il 10 maggio il direttorio della Banca d’Italia resterebbe con soli due componenti — Visco e Panetta — dunque quasi alla paralisi. Con le designazioni di ieri si apre così una fase nuova, in cui ora tocca al governo muovere.
Delicata è anche la questione della Commissione parlamentare sulle banche, al punto che Mattarella su di essa ha voluto vedere Casellati e Fico. Il capo dello Stato non è contrario alla commissione, ma trova strano che il suo mandato sia così ampio: si dovrebbe occupare di banche, assicurazioni (vigilate da Banca d’Italia), agenzie di rating e dunque dell’intero rapporto fra Paese, mercati finanziari e sistema di governo europeo. Il Quirinale non lo dice apertamente, ma vuole evitare che una commissione con un mandato così vasto si trasformi in un sistema di pressione su Via Nazionale e altri attori pubblici o privati. O che sia disegnata per mettere in scena audizioni aggressive, spettacolari ma alla fine senza costrutto a figure dei mercati, delle istituzioni italiane o di quelle europee. La caccia pubblica al capro espiatorio non sarebbe il modo migliore per portare il Paese fuori da una recessione che, da nove mesi, continua.