«Permettetemi di darvi un consiglio: di questi tempi è importante tener aperto il dialogo con l’Unione europea. Insomma, meglio evitare scontri che non aiutano». È con queste parole che il presidente della Repubblica ha congedato ieri i suoi ospiti al Quirinale. Mezzo governo: dal premier Conte ai vicepremier Salvini e Di Maio, con i ministri degli Esteri Moavero, della Giustizia Bonafede, della Difesa Trenta, dell’Economia e Finanze Tria e degli Affari europei Savona, con il sottosegretario a Palazzo Chigi Giorgetti.
Una colazione di lavoro come se ne fanno sempre, alla vigilia di un Consiglio europeo. Se non che, stavolta, dopo una settimana di passione per Borse e mercati, c’era chi veicolava l’idea che l’incontro avesse di per sé il carattere di un gabinetto di guerra sulla manovra: per correggerla, si giurava, e magari preparare trincee contro gli assalti dello spread. Nulla di più lontano dalle intenzioni di Sergio Mattarella, che voleva solo approfondire con l’esecutivo l’agenda del vertice di Bruxelles, previsto per martedì prossimo. Un’agenda dominata da temi economici molto delicati per l’eurozona, come l’unione bancaria, ormai rovente. Ma con parecchie altre incognite anche sulle questioni rimaste in sospeso sul versante della Brexit e su quello delle migrazioni, dominato dall’urgenza di revisionare il Trattato di Dublino e di approntare un nuovo piano Frontex.
C’era dunque già molta carne al fuoco, per quanto sia scontato che gli interrogativi sui conti pubblici abbiano comunque aleggiato nella conversazione. Il governo sa perfettamente come la pensa il capo dello Stato al riguardo, e non c’era quindi bisogno di ulteriori approfondimenti e confronti. Come non ne sono venuti dalla sortita di Matteo Salvini, che a un certo punto si è vantato del successo raccolto presso altri colleghi della Ue per le nostre politiche sui migranti.
E se il dialogo con l’Europa è la via maestra indicata dal Colle, il vicolo cieco che i 5 Stelle rischiano di imboccare è invece quello dei mercati. Le paure di una molteplice bocciatura da parte delle agenzie di rating si sono intensificate con i preavvisi di taglio lanciati da Fitch e Moody’s. E che ci sia qualcosa da aggiustare lo fanno capire anche esponenti di punta dei 5 Stelle, come la viceministra del Mef Laura Castelli: «La legge di bilancio? Bisognerà verificare come va avanti. Nessuno ha la sfera di cristallo, bisogna controllare passo passo se le politiche messe insieme funzionano».
Nel frattempo, la Castelli e Di Maio hanno diramato un avviso ai titolari dei dicasteri, preannunciando tagli per almeno un miliardo di euro. Notizia che ha provocato un diffuso malumore. A pagare le spese della nuova austerity richiesta dalla legge di bilancio, sarà innanzitutto il ministero della Difesa. Già qualche giorno fa Di Maio se l’era presa con la ministra Elisabetta Trenta, considerata troppo autonoma, spiegandole che i 500 milioni previsti per l’acquisto di missili non erano più a disposizione. Altri 500 saranno trovati tagliando spese nei ministeri delle Infrastrutture, della Giustizia e della Salute. Anche di questo si è parlato ieri sera nella riunione tra i ministri e Di Maio. «Tutti dobbiamo fare sacrifici» ha spiegato il vicepremier ai responsabili dei ministri, incassando qualche mugugno, ma anche la consapevolezza che su questa partita si gioca la sopravvivenza del governo.