C’era Daniele Lago, che, dall’interno della sua azienda alle porte di Padova, ha raccontato come ha ripreso a produrre e vendere arredamento di design italiano e quali nuove strade creative intende percorrere dopo la rivoluzione culturale, sociale e di stili di vita che il Covid19 ha provocato nelle nostre vite. C’era Michele Moltrasio di Gabel che ha raccontato perché la qualità del made in Italy permette di competere nel mondo della biancheria per la casa. E poi Giuseppe Conti di Saib che ha mostrato come perfino sui pannelli truciolari si possa fare innovazione e qualità. E poi, ancora l’amministratore delegato di Castagna Univel, azienda leader nella produzione di packaging alimentare situata a pochi chilometri da Codogno che, in tutta la fase dell’emergenza, ha dovuto lavorare anche il sabato e la domenica per garantire il confezionamento sicuro dei prodotti che finiscono nelle nostre tavole. E ancora: Walter Bertin, che con la trevigiana Labomar fa ricerca e produzione di integratori alimentari e dispositivi medici conto terzi (per 57 milioni di ricavi), e la cui storia è un po’ il paradigma delle tante altre che Open Factory 2020 vuole raccontare.
La storia cioè di come, nel pieno dell’emergenza, imprenditori come Bertin abbiano riconvertito parti delle loro fabbriche per produrre e mettere a disposizione gratuita delle forze dell’ordine, che ne erano sprovviste, gel igienizzanti (per esempio, nel caso specifico: in altri si è trattato di mascherine, o di camici e tute usa-e-getta per medici e infermieri). Dopodiché, la scoperta è stata che dalla linea produttiva temporanea-d’emergenza poteva nascere una produzione stabile, da aggiungere a quelle già presenti. La Labomar l’ha avviata. Oggi ha un nuovo settore di business.
Sono questi imprenditori e queste aziende – in rappresentanza di tante altre che hanno già aderito e stanno confermando la loro partecipazione a Open Factory, l’opening di cultura industriale e manifatturiera che si terrà domenica 29 novembre – che martedì mattina alle 11, dalla Sala Buzzati di Milano, hanno raccontato in una diretta streaming trasmessa sul sito del Corriere della Sera perché, soprattutto quest’anno, è importante che ogni imprenditore apra le porte della sua azienda.
“È evidente che questa sarà una edizione del tutto particolare – raccontano Antonio Maconi e Filiberto Zovico, rispettivamente curatore e promotore della manifestazione – perché ci sono due elementi controintuitivi che la caratterizzano. Il primo è che nell’epoca del Covid19 l’idea di andare, seppur per piccoli gruppi dentro una fabbrica, sembra poco logico. Ma è proprio per dimostrare quello che gli imprenditori non hanno smesso di raccontare – e cioè che le fabbriche sono luoghi sicuri – che le porte saranno aperte ai cittadini. Il secondo argomento è che in momenti di crisi come questo bisognerebbe solo concentrarsi sul lavoro. Una motivazione, questa, sicuramente valida. Ma a fronte della cultura antindustriale che caratterizza il Paese, non è forse il momento di rendere partecipi cittadini e autorità istituzionali dell’idea che le fabbriche sono il luogo centrale per il futuro delle proprie comunità e del Paese?”.
Ecco allora che il 29 novembre moltissime imprese apriranno le porte ai visitatori. Per piccoli gruppi, ciascuna rispettando tutte le normative di sicurezza che del resto già applicano. Per raccontare cosa producono, come lo producono e anche le difficoltà che la crisi sta provocando.
Ad aprire saranno quelle di tanti settori, dalla metalmeccanica alla chimico-farmaceutica, dall’arredamento alla calzatura ma anche i servizi. Ma una sezione speciale sarà dedicata alle aziende che hanno contribuito nella lotta al Covid19. Fabbricando mascherine, tamponi, letti di ospedale, strumentazioni biomedicali, gel, sale di rianimazione, garantendo la prosecuzione della filiera agroalimentare. E’ grazie anche ad aziende come queste che l’intero Paese ha retto nei suoi momenti più difficili. Ed è grazie alle tante altre che sono state forzatamente chiuse se il Paese nei prossimi anni potrà riprendersi.