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“Quando piove così tanto non dobbiamo guardare il cielo e le nuvole. Dobbiamo guardare quello che succede a terra”. Il problema, quando si verificano fenomeni di maltempo, infatti, secondo il geologo Mario Tozzi, non è la quantità d’acqua che cade, ma il modo in cui reagisce il terreno. E il suolo, in Italia, è stato maltrattato per troppo tempo: “Noi abbiamo le nostre colpe. Con l’asfalto e il cemento abbiamo creato il rischio dove prima non c’era”, spiega ad HuffPost.
In queste ore assistiamo all’allarme maltempo in tutta Italia. È davvero un fenomeno di portata eccezionale o i problemi sono altri?
Quelle che si chiamano impropriamente bombe d’acqua sono diventate frequenti in Italia dal 1996. Cade molta più acqua in poco tempo. Prima le precipitazioni erano più distribuite. C’è da dire, però, che l’emergenza è a terra. Quando piove così tanto dobbiamo guardare il terreno, non il cielo, né tanto meno le nuvole. Perché se le precipitazioni sono cambiate il territorio è cambiato ancora di più.
In che modo?
Troppo asfalto e troppo cemento impediscono all’acqua di infiltrarsi in profondità nel terreno che, invece, sarebbe in grado di assorbirla. Ma se sul suolo vengono costruite città, ponti, viadotti, infrastrutture quell’acqua non riesce ad andare in profondità e rimane in superficie. E i fiumi non sono in grado di portarla via tutta. Possiamo dire che ciò che viene costruito rende il territorio fragile.
Per questo poi si verificano disastri?
In realtà il disastro non esiste. Esiste l’evento naturale, che magari può essere anche più importante del solito, ma poi c’è la nostra colpa. In Italia abbiamo costruito troppo, dappertutto, abbiamo creato il pericolo dove prima non c’era.
Quali sono le zone che sono più a rischio?
Le aree dove il territorio è più fragile. Consideriamo che, a parità di frane e di eventi atmosferici, il Trentino reagisce molto meglio, ad esempio, della Campania. La situazione è molto critica anche in Liguria, dove hanno costruito quasi dentro ai fiumi, basti pensare all’esempio delle Cinque terre. In Italia abbiamo uno stato di dissesto del territorio nazionale al 47% ma ci sono alcune regioni, come la Calabria, che hanno il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico.
Ma è un fenomeno dovuto alla conformazione del territorio o, anche in questo caso, è stata determinante la mano dell’uomo?
Possiamo dire che in alcuni casi il rischio è stato quasi creato dalla cementificazione. Prendiamo l’esempio della zona di Messina, dove qualche anno fa (nel 2009, ndr) ci furono anche molti morti. Lì c’erano tantissime costruzioni abusive. Se non ci fossero state quelle strutture non ci sarebbero stati neanche rischi. Lì il rischio è stato creato. Ho fatto questo esempio, ma se ne potrebbero citare tanti. Pensiamo a Ischia, al fiume Bacchiglione in Veneto, per certi versi anche ad alcune zone a ridosso dell’Arno. Questa è la situazione con cui ci confrontiamo ogni giorno.
Cosa si può fare per prevenire queste emergenze, o almeno per gestirle nella maniera più opportuna?
Sicuramente si può prevenire: chi vive vicino a un corso d’acqua, (non mi riferisco ai fiumi che attraversano le città), deve rassegnarsi e allontanarsi. Non puoi abitare a ridosso di un fiume, perché quel territorio il fiume prima o poi se lo riprenderà. Prendiamo il caso di Olbia: non bisognerebbe costruire vicino ai corsi d’acqua, perché il fiume più lo lasci in pace e meno ti dà fastidio.
A proposito di fiumi, in queste ore sta destando preoccupazione il Tagliamento, l’Adriatico non riesce a ricevere tutta l’acqua che in questo momento porta..
Questo accade per le ragioni che dicevo prima. Io credo che il Tagliamento causerà allagamenti ma non darà grossi problemi, tranne a Latisana, che è l’unico centro abitato importante che si trova sul fiume. La questione, però, è che lì il centro abitato non dovrebbe esserci. Non bastano argini in questi casi.
Nelle città, invece, cosa si può fare?
Bisognerebbe essere più preparati a gestire le emergenze. È necessario intanto lanciare gli allarmi e fare in modo che le prescrizioni siano rispettate. La popolazione, poi, dovrebbe essere preparata, come succede in altri Paesi quando l’allerta è davvero grave. Io ero a Manhattan quando arrivò l’uragano Sandy. Lì non solo non c’era nessuno per strada ma avevano tolto anche le auto, perché le vetture diventano proiettili o trappole in questi casi. Noi questo non lo sappiamo fare. Gli amministratori devono essere in grado di interpretare i dati meteorologici e dovrebbero educare la popolazione.
Cosa deve sapere la popolazione?
Quando le condizioni meteorologiche sono così preoccupanti non bisogna prendere la macchina, né infilarsi nei viadotti, né tantomeno rimanere nei sottoscala o in abitazioni che si trovano a piano terra.
*Huffington Post, 28 ottobre 2018