Ha dimostrato che infiammazioni e cancro son correlati e se oggi l’immunoterapia esiste e sta dando risultati è anche grazie ai suoi contributi. Lui è Alberto Mantovani, immunologo, direttore scientifico e docente di Humanitas University e il 9 maggio a Galileo Settimana della Scienza e dell’Innovazione ha parlato di immunità e ricerca.
Professor Mantovani, le immunoterapie sono le nuove armi della lotta al cancro. Come funzionano?
«Al sistema immunitario di un paziente con cancro sono successe due cose: una parte è passata al nemico e un’altra si è addormentata. Alcune cellule si comportano come “poliziotti corrotti”: aiutano il cancro e tirano il freno delle automobili dei poliziotti buoni. Altre hanno i freni tirati e responsabili sono i poliziotti corrotti. Con l’immunoterapia togliamo due freni al sistema immunitario».
Modificando cellule non si creano mostri?
«No se in queste terapie i nostri soldati vengono rieducati e dotati di nuove armi. Le terapie cellulari oggi funzionano contro alcune leucemie del bambino e alcuni linfomi dell’adulto. Non c’è rischio di creare mostri perché sono sottoposte a molti controlli».
Effetti collaterali?
«Non ne sono prive. Togliendo i freni i pazienti rischiano di avere alcune manifestazioni autoimmuni, ma si possono controllare. Vale la pena correre il rischio se il paziente ha un melanoma avanzato altrimenti mortale».
Negli anni Settanta ha dimostrato che infiammazioni e cancro sono connessi.
«Studiando le cellule dell’infiammazione scopro che non difendevano ma aiutavano la crescita tumorale. La scoperta spostava i riflettori sul microambiente che circonda la cellula tumorale».
È anche per merito suo quindi se oggi esiste l’immunoterapia.
«Diciamo che ho ricevuto diversi premi importanti per i miei contributi».
Che ruolo ha avuto l’innovazione?
«La immuno revolution è stata un cambio di paradigma accettato e formalizzato nel 2011. A fine millennio gli oncologi pensavano ancora che il cancro fosse la cellula tumorale. Noi immunologi pensavamo che fosse anche la nicchia ecologica in cui la cellula tumorale sta e che le difese immunitarie fossero parte di essa».
E l’Italia?
«Penso abbia dato un grande contributo nelle conoscenze di immunologia dei tumori e sull’identificazione dei freni. I riconoscimenti che ho avuto non sono diretti solo a me e al mio gruppo ma anche al Paese che grazie a Ministero della Salute e ad Airc ha continuato a sostenere queste ricerche».
Come il programma 5X1000 di Airc sulle metastasi.
« Sì. Se i tumori non dessero metastasi verrebbero curati nella stragrande maggioranza dal chirurgo e dal radioterapista. Nostra ambizione è individuare nuovi marcatori e diagnostici utili alle strategie terapeutiche».
E gli stili di vita?
«Sono uno dei determinanti del rischio tumore e buona parte dei loro effetti ha a che fare con il sistema immunitario. L’Oms ha certificato che l’obesità è causa di cancro. Oggi nel nostro paese le persone obese sono il doppio della media europea».
Consigli?
«Una bilancia per controllare il peso e la formula “0 5 30” da applicare ogni giorno: zero fumo, cinque porzioni di frutta e verdura fresca, trenta minuti di esercizio fisico».
Ci sarà mai un vaccino anticancro universale?
«Non credo. Dobbiamo usare bene i due vaccini anticancro che abbiamo contro epatite B e Papilloma virus Hpv. Buone speranze per un vaccino contro Helicobacter Pylori e vaccini terapeutici».
Qual è la posizione dei no vax in merito ai vaccini anticancro?
«Sono ostili anche al vaccino Hpv che è sicuro e funziona».
Che fare?
«Informare. Le vaccinazioni in Italia sono scese sotto la soglia di sicurezza. Ho otto nipoti e quando si vaccinano è come se allacciassero la cintura di sicurezza a se stessi e a tutti i bambini che non ce l’hanno e che pure hanno bisogno di essere protetti».
*Il Mattino di Padova, 5 maggio 2019