Il lavoro di “limatura” è andato avanti fino alla tarda serata di ieri. Ogni parola è stata pesata, quelle più ambigue tolte. Perché Bruxelles vuole evitare a tutti i costi di scatenare uno scontro con il governo italiano. Ma i conti non tornano e “c’è il rischio di una deviazione significativa” dalle raccomandazioni Ue. È per questo che la Commissione europea non ha potuto fare a meno di evitare di scrivere una lettera in cui chiede chiarimenti al governo italiano. Il testo sarà pubblicato questa mattina sul sito dell’esecutivo Ue, insieme con quelle inviate a Spagna, Belgio, Portogallo (i tre Paesi, causa elezioni, hanno spedito una manovra a politiche invariate) e Francia (la Finlandia l’aveva ricevuta la scorsa settimana).
La scrittura (e la riscrittura) del documento si è intrecciata ieri sera con i vari incontri a Palazzo Chigi tra il premier e i rappresentanti delle forze politiche che sostengono il governo, alle quali ha partecipato anche il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Quando il vertice di maggioranza vero e proprio è iniziato, all’ora di cena, la versione definitiva della lettera non era stata ancora spedita a Roma. Certamente le fibrillazioni tra i partiti che sostengono il “Conte2” non aiutano a tranquillizzare l’Ue, preoccupata che gli scossoni politici possano mettere a rischio la tenuta dell’impalcatura della legge di bilancio.
Già così, comunque, i numeri inseriti nella bozza di manovra portano l’Italia fuori dal percorso di correzione previsto dalle regole europee. Nel 2020 il governo prevede un peggioramento del deficit strutturale (quello calcolato al netto del ciclo economico e delle misure una tantum) dello 0,14% del Pil, che Roma arrotonda allo 0,1%. Decisamente non in linea con la raccomandazione Ue che chiede di migliorare il saldo strutturale dello 0,6%: lo scarto è pari a 7 decimali di Pil, circa 12,6 miliardi di euro. L’esecutivo ha già messo in conto una flessibilità dello 0,2% (3,6 miliardi) per le spese “eccezionali” relative al piano contro il dissesto idrogeologico. Con questo “bonus”, calcola il governo, lo scostamento dalla raccomandazione sarebbe di soli cinque decimali, che è il margine di tolleranza consentito dalla Ue in un anno.
Ma ci sono due problemi. Da un lato la flessibilità non è stata ancora concessa ufficialmente. E dall’altro ci sono i conti del 2019. È vero che l’Ue consente un margine annuo dello 0,5%, ma nel biennio lo scostamento medio non deve essere superiore allo 0,25% annuo. E qui Bruxelles farà notare a Roma che anche nel 2019 c’è una deviazione (seppure inferiore) dalla raccomandazione, che chiedeva un taglio dello 0,6% del deficit strutturale. La Commissione chiede inoltre chiarimenti su alcune misure, in particolare quelle per la lotta all’evasione fiscale.
In passato l’invio di queste lettere aveva provocato forti attriti tra Roma e Bruxelles. Tre anni fa, per esempio, l’allora premier Matteo Renzi aveva bollato la missiva come “una letterina”, usando un tono dispregiativo. Dal Tesoro ora sminuiscono il passaggio, derubricandolo a un “normale percorso di dialogo” (e annunciano una risposta entro domani). In realtà si tratta di un atto formale che, potenzialmente, potrebbe portare anche alla bocciatura preliminare della Finanziaria, come successo lo scorso anno con la Manovra del Popolo firmata dal governo Lega-M5S. Diverse fonti assicurano che quest’anno non succederà perché “il clima con il nuovo governo è positivo”. Inoltre il prolungamento dell’attuale Commissione farà sì che il giudizio definitivo (atteso entro fine novembre) sarà firmato dall’esecutivo Juncker, in carica per gli affari correnti. Il che alleggerirà la mano di Bruxelles.