Tutto rinviato. Doveva arrivare nella notte il via libera del Senato al disegno di legge di Bilancio, la vecchia Finanziaria. E invece ieri pomeriggio è andato in scena l’ennesimo slittamento. Il maxiemendamento del governo, di fatto una manovra bis che riscrive il testo recependo i punti dell’accordo tra il governo italiano e Bruxelles, dovrebbe essere depositato in Aula soltanto oggi. L’indicazione è per le 14 ma, visto come sono andate le cose negli ultimi giorni, non è possibile escludere altri rinvii. Anche perché ci sono ancora dubbi sulle coperture. Circolano voci di uno stop della Ragioneria generale dello Stato su «Quota 100», l’intervento sulle pensioni. Il governo smentisce, sostenendo che si tratta solo di limare alcuni dettagli su altre misure, di minore importanza. I problemi sulle risorse però restano e sono il motivo per il quale il governo ha fatto slittare la presentazione del maxiemendamento. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro dice che «è stato necessario più tempo» perché la manovra «l’ha scritta Roma e non Bruxelles». E il responsabile dell’Economia Giovanni Tria definisce «scontato il sì del Parlamento», ma tra lui e Palazzo Chigi ci sono nuove tensioni. L’accusa è che sia stato proprio Tria a ritardare la presentazione del maxi emendamento come «ritorsione» per l’addio del suo capo di gabinetto Roberto Garofoli. Ci sarebbe anche la tentazione di sostituirlo, non adesso ma dopo il voto delle Europee di maggio.
Il voto finale di oggi dovrebbe essere chiuso per le dieci e mezza di sera.Non sarà l’ultimo atto per questa tormentata manovra. Si dovrà tornare alla Camera, che dovrà dare il suo ok alle ultime modifiche. Altrimenti scatterebbe l’esercizio provvisorio, cioè il congelamento di tutte le voci di spesa sullo stesso livello dell’anno precedente. Non si dovrebbe arrivare a tanto. Ma in ogni caso è pronto un piano d’emergenza: tenere aperta la seduta della Camera fino all’approvazione finale. A fare fede sarebbe la data di inizio della seduta, ad esempio il 31 dicembre, anche se si dovesse sforare di un paio di giorni. Il rinvio di ieri, l’ennesimo, ha incendiato il dibattito. Anche la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, ha fatto sentire la sua voce: «Pur comprendendo le difficoltà, mi corre l’obbligo di invitare la maggioranza e il governo ad avere un percorso legislativo più regolare, non con questa tempistica a singhiozzo, e rispettoso dell’Assemblea del Senato». Il vicepremier Matteo Salvini prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: «Il fatto che il maxiemendamento debba ancora arrivare vuol dire che, dopo anni di mutismo e rassegnazione, c’è stata una trattativa seria».
In effetti nelle ultime tre settimane Palazzo Madama ha girato a vuoto.L’esame in commissione Bilancio, che di solito prepara la strada al dibattito dell’Aula, è stato di fatto annullato proprio perché tutto dipendeva dall’esito del negoziato con Bruxelles. Un confronto che c’è sempre stato anche negli anni passati ma non era mai andato così per le lunghe. Dall’opposizione protesta Forza Italia: «Prendere in giro il Parlamento per venti giorni — dice la capogruppo Anna Maria Bernini — è uno sfregio agli elettori». Mentre Andrea Marcucci, capogruppo del Pd, annuncia che il suo partito occuperà l’Aula per protesta parlando di «comportamento scandaloso».
Il presidente del consiglio Giuseppe Conte, costretto a rinviare anche la conferenza stampa di fine anno, non nasconde un certo disagio: «Mi sarebbe piaciuto lasciare al Parlamento un più ampio margine di discussione. Ma imbarazzo per qualche colpa no». Lui stesso riconosce che «siamo in zona Cesarini» ma si difende affermando che «il presidente del Consiglio non controlla il Parlamento».