Mancano quattro giorni alla chiusura della finestra elettorale per il voto anticipato a settembre e la tensione nel Governo risale al livello di guardia. Il premier Giuseppe Conte rompe gli indugi e sfida il suo vice leghista Matteo Salvini su tutti i fronti, dall’iperattivismo sulla manovra 2020 a quella che fonti di Palazzo Chigi chiamano «l’evasività» del leader del Carroccio sul caso dei fondi russi. Il vero snodo. Il Russiagate rinsalda l’asse tra Conte e i Cinque Stelle di Luigi Di Maio, che già domenica avevano invitato Salvini a riferire in Parlamento, unendosi alla richiesta del Pd e di +Europa, e che fanno sapere di avere pronta una proposta di legge per istituire una commissione di inchiesta sui finanziamenti a tutti i partiti. «Perché no?», incalza ora anche il premier replicando a chi gli chiede se Salvini dovrebbe chiarire in Aula. «Le nostre linee guida sono di assoluta trasparenza nei confronti dei cittadini italiani e assoluta fedeltà agli interessi nazionali. E su questo il Governo non si smuoverà di un millimetro».
Nessun faccia a faccia chiarificatore tra Conte e Salvini, pure ipotizzato nei giorni scorsi: al posto del vertice va in scena lo scontro plateale. La goccia che fa traboccare il vaso è la presenza dell’ex sottosegretario leghista ai Trasporti Armando Siri all’incontro convocato da Salvini al Viminale con 43 associazioni sulla prossima legge di bilancio (si veda pag. 2), vissuta come una provocazione inaccettabile. Il premier affonda: «Se qualcuno pensa che non solo si raccolgono le istanze delle parti sociali ma si anticipano pure i dettagli di quella che ritiene che debba essere la manovra, si entra sul terreno della scorrettezza istituzionale». Il percorso parallelo avviato dal leader della Lega è ritenuto uno sgarbo, oltre che un iter scollegato dalla realtà. «La manovra viene fatta qui – scandisce Conte – dal ministro dell’Economia e tutti i ministri interessati, non si fa altrove. I tempi li decide il presidente del Consiglio, sentiti gli altri ministri, a partire da quello dell’Economia. I tempi non li decidono altri». Una risposta all’accelerazione annunciata da Salvini, che vorrebbe vedere in discussione la manovra già alla riapertura dei lavori parlamentari. Ma lo staff di Conte denuncia l’incongruenza tra parole e fatti, ricordando che da oltre due settimane il presidente del Consiglio sta sollecitando invano la Lega a fornire i nominativi dei sette delegati ai tavoli sulla manovra, tra cui quello sulla flat tax.
Il sospetto a Palazzo Chigi e nel M5S è che Salvini usi la politica economica per distrarre l’attenzione dall’affare Russia. Pubblicamente sceglie ancora la trincea. In Tv, ospite di Quarta Repubblica, difende i suoi, da Gianluca Savoini al consulente a Palazzo Chigi Claudio D’Amico, di cui si rincorrono voci di dimissioni. «In uno Stato di diritto si è innocenti fino a prova contraria», insiste Salvini. Poco prima aveva detto: «Non abbiamo chiesto né visto un euro, lascio divertirsi gli amanti di James Bond. Non parlo di spie russe». E cita i sondaggi («La Lega cresce ancora») come prova che anche gli italiani ritengano la vicenda «surreale», fantasie diffuse «perché sicuramente diamo fastidio a qualcuno».
Ma dal Carroccio non si esclude affatto che alla fine possa presentarsi in Parlamento. I Cinque Stelle sono convinti che cederà al pressing e che riferirà al Senato la prossima settimana. Oggi alle 18 la presidente Elisabetta Alberti Casellati vedrà il segretario dem Nicola Zingaretti e il capogruppo Pd a Palazzo Madama, Andrea Marcucci. E se Di Maio evita di infierire, rivendicando la concentrazione sui dossier Alitalia e Ilva, è Alessandro Di Battista ad attaccare: «Salvini il bugiardo è impegnato a mentire, la sua difesa sul caso Russia-Savoini è ridicola». Come se non bastasse, torna alla carica la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, che accusa il titolare del Viminale: «Ha bloccato l’emendamento che prevede 7 milioni di straordinari per i soldati di “Strade sicure”». Il sottosegretario Molteni replica: «Il confronto con il M5S non c’è ancora stato, strano che Trenta non lo sappia».