Abbattere il muro del ministero dell’Economia sulla manovra e recuperar terreno nei confronti della Lega, ora avanti nei sondaggi, e porle delle condizioni: l’autunno di Luigi Di Maio e del Movimento si preannuncia burrascoso e impegnativo. Il vicepremier — impegnato nel suo viaggio in Cina — è in una strettoia tra le nuove tensioni con l’alleato di governo su immigrazione e dl sicurezza e i paletti posti sia da Bruxelles e sia (di riflesso) da Giovanni Tria sulla manovra.
Tuttavia il leader dei Cinque Stelle è convinto che alla fine le riforme si faranno e il modo è uno solo: «Fare deficit. Punto». Un diktat che si scontra con diverse perplessità nel ministero. I vertici del Movimento leggono come pretesti i dubbi, gli interrogativi sui conti manifestati anche dai tecnici del Mef, ma assicurano che non ci saranno valzer di poltrone in caso non ci sia «ostruzionismo politico». E su un possibile allontanamento del Ragioniere dello Stato, Daniele Franco, c’è chi — per smentire le voci — sottolinea come ormai sia prossimo all’età pensionabile. In ogni caso i pentastellati insistono, forti dei loro numeri in Parlamento, che «qualsiasi manovra dovrà superare la prova dell’Aula», facendo intuire che il «Movimento non intende arretrare nemmeno di un millimetro».
La partita con Tria rimane molto spigolosa. Ieri il ministro ha ricordato nel corso del question time al Senato come la proposta di reddito di cittadinanza presentata dal Movimento nella scorsa legislatura prevedeva che alla misura potessero «accedere i cittadini italiani o di Stato membro dell’Unione europea residenti sul territorio nazionale». Parole che hanno innescato la reazione di Matteo Salvini: «Sono sicuro che gli amici Cinque Stelle stanno studiando una formula del reddito di cittadinanza intelligente che lo limiti ai cittadini italiani». «Si tratta di un proposta vecchia, superata. Sarà solo limitato agli italiani», assicurano i vertici M5S senza però spiegare i nuovi criteri. Respinta, invece, l’idea che il Tesoro possa vendere qualche asset per creare spazio in manovra. «Sono film», dicono spazzando via l’ipotesi.
Ma è soprattutto l’altra partita, quella con il Carroccio, a rubare tempo e attenzioni a Di Maio. Che si confida con i suoi: «Vado a riprendermi i voti del Nord». Il vicepremier prepara una controffensiva (elettorale) proprio a partire dai territori dove la Lega è più forte e dove i Cinque Stelle — almeno secondo le intenzioni di voto — hanno subìto una battuta d’arresto. Il capo politico sta mettendo in cantiere un vero e proprio tour tra gli imprenditori e aziende e ha anche in mente un pacchetto per le semplificazioni per le imprese, due tasselli a cui si aggiunge nella visione pentastellata il Daspo per i corrotti. Ma il duello con i leghisti non sarà solo sull’appeal al Nord. C’è soprattutto anche la questione del governo: dal dl sicurezza/migranti (che fa discutere l’ala ortodossa, anche se Roberto Fico attende il testo definitivo prima di esprimersi) alla manovra. «Siamo pronti a lanciare una battaglia per i dettagli nella legge di bilancio», avrebbe confidato ai fedelissimi Di Maio. Dietro la frase, si annida la volontà del Movimento di «smontare un pacchetto di privilegi» e toccare anche gli affitti d’oro, i vitalizi ai parlamentari regionali e le spese militari. Misure, però, su cui la Lega non sarebbe d’accordo. Tagli che servirebbero però anche a finanziare il reddito di cittadinanza. Laura Castelli è impegnata nel recuperare i 10 miliardi richiesti, ma esiste un piano d’emergenza: con una asticella fissata a 7 miliardi più 3 di debito.
Fino a domenica, però, tutto rimarrà fermo, in attesa del ritorno del vicepremier dalla Cina. Dall’entourage di Di Maio filtra un cauto ottimismo. «Sono molto interessati a grandi investimenti», dicono. E in prima linea c’è ovviamente il nodo Alitalia. Il ministro del Lavoro sarebbe pronto a chiudere «il negoziato della via della seta, a portare le aziende agroalimentari del sud in Cina». Possibile anche la cessione di una quota di Condotte Spa ai cinesi.