Ministro Di Maio, i dati sulla disoccupazione e sull’occupazione sono positivi. Ma è proprio il caso di festeggiare? L’Italia resta nei bassifondi della classifica europea.
«È sicuramente il caso di dire le cose come stanno, ovvero che il decreto Dignità sta producendo gli effetti previsti. Più lavoro e più occupati a tempo indeterminato: 200 mila trasformazioni dal tempo determinato nei primi 4 mesi del 2019. Mi e ci hanno attaccato in ogni modo, hanno scritto di tutto, e invece avevamo ragione noi. Sul lavoro andiamo avanti, è la vera priorità di questo Paese. Il prossimo passo sarà una legge sul salario minimo, proprio per riportare l’Italia sugli standard europei. L’Inps ha certificato che ci sono 4,3 milioni di persone che prendono meno di 9 euro l’ora lordi in Italia. In un Paese civile e democratico non puoi lavorare 12 ore al giorno e prendere 600-700 euro al mese.
Quello non è lavoro, è schiavitù».
Decreto dignità: vi prendete tutto il merito?
«Le misure sono state diverse. Comprendo che sia difficile ammetterlo per qualcuno, ma io ho firmato Quota 100, io ho firmato il decreto crescita, io ho firmato il reddito di cittadinanza, il decreto dignità, lo sblocca cantieri così come le nuove tariffe Inail: 600 milioni solo nel 2019, un primo segnale concreto di taglio del costo del lavoro. Tutte queste misure fanno parte di una ricetta economica complessiva che ha il timbro del M5S».
Mettendo risorse sugli investimenti anziché sul reddito di cittadinanza i dati avrebbero potuto essere migliori?
«Chiariamo un attimo: le due misure non le considero alternative, ma complementari. Il Movimento ha scelto di dare ascolto prima agli ultimi, a chi non riusciva nemmeno a garantire un pasto ai propri figli. La nostra è stata una scelta politica, ne siamo orgogliosi. Abbiamo introdotto la prima vera misura a contrasto dell’emarginazione sociale e l’abbiamo inserita in una riforma più ampia che porterà queste persone ad integrarsi nel mondo del lavoro. Con noi si è tornato a parlare di Welfare, con il Pd per anni si è parlato di abolire l’articolo 18. Ma tutto questo non ha precluso la spinta del governo sugli investimenti: io ho votato un piano straordinario da 140 milioni di euro per l’export del Made in Italy. Mai un governo si era impegnato tanto sul piano internazionale. E vale lo stesso per la Via della Seta».
Restano i 158 tavoli di crisi aperti e il boom della cassa integrazione. Anche questi sono numeri. Per niente positivi.
«Questa storia delle crisi aziendali è una montatura grottesca della realtà. E che le ho aperte io? Ma per favore. Parliamo di crisi in corso da anni, i lavoratori lo sanno, lo sanno anche gli ex ministri, le aziende, i sindacati e la verità è che le stiamo risolvendo noi. Veda il caso Whirlpool: l’azienda ha garantito che non lascerà Napoli. Non bisogna esultare ma mi sembra già un passo avanti».
Ecco appunto. La Confindustria spegne i trionfalismi: calano la produzione industriale e gli ordini, l’economia resta debole. Il Movimento ha un problema con le imprese?
«Confindustria è una voce importante del Paese che il governo deve ascoltare. In legge di Bilancio ho previsto di inserire una misura per la riduzione del cuneo fiscale. Meno tasse alle imprese che creano posti di lavoro. Ne discuteremo con il mondo aziendale ed entrerà in manovra».
Ma il sistema industriale la accusa di spaventare le aziende. Dal caso Atlantia alla Tav ad Alitalia a Ilva dove si cambiano le regole in corsa. I soliti grillini contro la crescita.
«Noi contro la crescita? Ma lo sblocca cantieri chi lo ha firmato? Il M5S. Sa quante opere erano bloccate? 600. Sa quante sono di competenza di comuni e Regioni amministrati non certo da noi? 540. E allora non raccontiamo fesserie. E poi mi perdoni, ogni caso è a sé. Sulla Tav, la nostra posizione è nota, sono 20 anni che ci dicono che è urgente. Ora il dossier è in mano a Conte. Vogliamo parlare di infrastrutture? Pensiamo al Mezzogiorno allora. Portiamo l’alta velocità al Sud, dove a volte impieghi ore per andare da un Comune all’altro. Facciamo le cose con la testa. Su Alitalia c’è un lavoro in corso e sono fiducioso, l’azienda deve ripartire, ma non dimentichiamoci chi è stato a buttarla giù. Io sto riparando i disastri del governo Berlusconi-Lega del 2008, lo sanno anche i sassi. Infine sull’Ilva: tutti vogliamo trovare una soluzione, salvaguardare l’indotto e il rispetto dell’ambiente non si escludono a vicenda. Se però la risposta è il ricatto, non va bene. Siamo aperti al dialogo, mi auguro lo sia anche Mittal».
La revoca ad Autostrade è scontata o c’è una via d’uscita?
«Ci stiamo muovendo nel solco della legge e dei contratti in essere. Non mi diverto a revocare la concessione. Ma se per anni hai fatto profitto alle nostre spalle, se dovevi occuparti della manutenzione e non l’hai fatto e se poi succede una tragedia come è accaduto a Genova, il governo non può restare in silenzio. Sono morte 43 persone, si rende conto? Poteva esserci suo figlio su quel ponte mentre andava in vacanza. I tecnici delle Infrastrutture nella loro relazione hanno evidenziato i presupposti per procedere alla risoluzione unilaterale, la revoca a questo punto è doverosa. Io vorrei solo dire due cose: non mi piace l’atteggiamento irriverente di Autostrade, non mi piace quando qualcuno ricatta lo Stato. È lo stesso atteggiamento di certi burocrati europei. Siamo pronti a individuare una soluzione, a patto che Autostrade paghi e si faccia giustizia verso le vittime. Chi investe in Italia deve sapere che è il benvenuto, che supportiamo il business, ma nel massimo rispetto degli interessi nazionali».
Intanto su Autostrade si è aperto un nuovo fronte con la Lega. Lei ha accusato direttamente Salvini di fare il gioco dei Benetton e non è andato in consiglio dei ministri.
«Avevo avvertito della mia assenza. E non c’è alcun problema con Salvini. Ho detto semplicemente che mi dispiace il silenzio della Lega perché mi aspetto sostegno su questo tema».
Dopo i dati Istat il ministro dell’Interno ha subito detto: giù le tasse alle imprese e ai cittadini. La flat tax sarà nella manovra?
«Di cose ne sento dire tante. Noi siamo d’accordo, le tasse vanno abbassate subito e aspettiamo le coperture sulla flat tax. La proposta è della Lega, non vogliamo fare invasioni di campo, siamo rispettosi del contratto».
Sulla Sea-Watch il suo silenzio è stato assordante. La vostra svolta a destra sembra definitiva.
«E una volta la svolta a sinistra, un’altra quella a destra. E siamo populisti e poi siamo moderati. Sono anni che ci si sforza di darci un’etichetta. Se non ci riuscite è perché non c’è, è perché a differenza degli altri diciamo quello che pensiamo, ciò che sia giusto. Noi non parliamo per partito preso».
Non è abnorme l’arresto della capitana Carola Rackete?
«Se violi le leggi è normale che ci siano delle conseguenze. Ma oltre alla Sea-Watch mi preoccuperei anche dei piccoli sbarchi dell’ultimo mese. Sono arrivati in 300 e nessuno ne parla».
Conte in Europa sta remando contro la nomina di Timmermans alla guida della Commissione. Ma per i 5 stelle non sarebbe la soluzione migliore? Meglio di un falco del Ppe, no?
«Abbiamo la massima fiducia nel lavoro che sta portando avanti il premier».
Timmermans è contro l’austerity e a favore del salario minimo. Cosa vogliono di più i 5 stelle?
«Ripeto, massimo fiducia in Conte».
Il presidente della Camera pensa che le anime del Movimento debbano tornare a parlarsi. C’è bisogno di un incontro tra lei, Fico e Di Battista?
«Queste sono liturgie da vecchia politica, serve che la gente lavori».