Due «voti di fiducia» per non cambiare: il primo, chiesto per acclamazione ieri sera ai 320 parlamentari grillini, per decidere se continuare a governare con la Lega perché «Conte lo vuole sapere»; il secondo, affidato formalmente ai militanti iscritti alla piattaforma Rousseau, per stabilire entro oggi se Luigi Di Maio deve restare capo del Movimento. Così, con una doppia mossa dagli esiti scontati, Luigi Di Maio e Davide Casaleggio provano a rialzarsi dopo lo schiaffo preso alle Europee: «Il M5S non perde mai, semmai impara», ha detto ieri sera il leader ai gruppi riuniti alla Camera che lo hanno accolto con un lungo applauso fino a chiedergli (in 60) di rinunciare al voto su Rousseau: «Non devi metterti in discussione», è stato il senso della mozione dei fedelissimi guidati da Emanuela Corda.
Del resto, per tutta la giornata i big del M5S hanno voluto anticipare il verdetto della piattaforma Rousseau. «Domani (oggi, ndr) pregherò per Di Maio», ha pure detto don Peppino Gambardella, il parroco di Pomigliano d’Arco che si definisce padre spirituale dell’illustre concittadino. Di Maio è stato coraggioso e per questo deve rimanere al suo posto, hanno martellato per tutto il giorno Beppe Grillo («Deve continuare la battaglia, nessuna espiazione»), Davide Casaleggio, i ministri pentastellati, i capigruppo: «Salvate il soldato Luigi», è la parola d’ordine concordata ai piani alti del Movimento. Ma poi bisogna attendere la sindaca di Torino, Chiara Appendino, per cogliere il senso di tanta compattezza intorno al leader dopo la sconfitta: «Inutile alimentare un clima da forconi, rimuovere Di Maio non risolve le nostre debolezze…». Nel M5S, le voci ufficiali critiche contro Di Maio si contano sulle dita una mano. Nel cortile di Montecitorio stazionano a grappoli le facce smarrite dei parlamentari grillini che vedono la crisi di governo come la peste. Per cui bisogna spostarsi a San Macuto per sentire Nicola Morra, presidente dell’Antimafia, chiedere «lo streaming» per l’assemblea dei gruppi grillini convocata per la serata: «Sarebbe un segnale di trasparenza, ma è la maggioranza a decidere». Al Senato, dove Primo Di Nicola si è dimesso da vicepresidente del gruppo ma poi ha confermato piena fiducia a Di Maio, si levano le voci della «dissidente» Paola Nugnes («Se Rousseau serve solo a ratificare e a controllare il dissenso…») e quella dell’«espulso» Gregorio De Falco («Di Maio ha perso il 50% dei voti ne prenda atto»). E anche Jacopo Fo, ormai ex, è tranciante: «Di Maio doveva dare le dimissioni, non è all’altezza». Ma tutto questo si perde davanti al coro di solidarietà espresso dai parlamentari M5S per Di Maio.