Luigi Di Maio, leader del Movimento Cinque stelle e vice premier, nei prossimi giorni inizierà una serie di incontri che la porteranno nel Centro e Nord del Paese. In Veneto c’è molta attesa anche nella classe imprenditoriale. Quali sono le ragioni del suo tour, chi incontrerà e quali proposte avanzerà agli imprenditori? E quali alle fasce sociali meno abbienti?
«Anche se, in realtà, non ho mai parlato in modo specifico di un tour ho certamente intenzione di tornare quanto prima dai numerosissimi imprenditori e dalle associazioni di categoria che ho incontrato prima e durante la campagna elettorale. Con loro abbiamo avviato dialoghi che già nelle prime settimane di questo governo sono diventati progetti operativi. Incontrerò anche moltissimi imprenditori che non ho mai avuto il piacere di conoscere e che mi hanno invitato a visitare le loro realtà, le tante piccole e medie imprese che, come ho ribadito anche durante il mio viaggio in Cina, volto a promuovere il nostro Made in Italy e ad allargare gli orizzonti dei nostri rapporti commerciali, sono la colonna vertebrale del nostro Paese. Il nostro obiettivo è mantenere un dialogo costante con il mondo delle imprese. Aiutare i nostri imprenditori significa mettere in campo azioni mirate che puntino alla sburocratizzazione e alla semplificazione. Sì, perché c’è stato un periodo, in Italia, in cui per combattere la corruzione si sono complicate le leggi. Questo ovviamente ha reso la vita delle nostre imprese impossibile, facendo scappare gli investitori. Noi vogliamo voltare pagina con il passato e lo faremo a partire dal pacchetto «decertificazione», che eliminerà una serie di certificazioni inutili, e dalla semplificazione che riguarderà il codice degli appalti e le 140 leggi incomprensibili sul lavoro che riuniremo in un testo unico. Puntiamo ad investimenti lungimiranti, coraggiosi, per creare crescita e non deflazione».
E per le fasce più deboli?
«Per le fasce sociali più deboli, invece, il reddito di cittadinanza resta la nostra priorità. E tengo a ribadirlo: si tratta di una vera e propria misura strutturale, non assistenziale, che produrrà effetti positivi per l’economia sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta. Consentirà di professionalizzare i lavoratori attualmente inattivi così da reinserirli nel mondo del lavoro e abbatterà la povertà».
Alle ultime elezioni politiche il Movimento 5 stelle ha ricevuto un forte apprezzamento nel Centro-sud del Paese. Nel Nord ha prevalso la coalizione di centrodestra e la Lega. Il risultato è stato comunque incentivante: 27,5% in Emilia-Romagna (26,2% nella circoscrizione di Bologna), il 25% in Veneto, il 19,5% in Trentino-Alto Adige. Come pensa di poter incrementare il consenso in questi territori e su quali temi?
«Siamo l’unica forza politica ad avere ottenuto un consenso ampio e omogeneo su tutto il territorio e, al di là delle fisiologiche fluttuazioni nelle varie regioni, siamo cresciuti anche nel Nord Italia. L’aumento dei voti rispetto alle scorse politiche proprio in regioni come l’Emilia-Romagna, il Veneto e il Trentino-Alto Adige segna un trend positivo per il M5S che tuttora riscontriamo incontrando cittadini e imprenditori. Il nostro obiettivo, a livello locale e nazionale, è continuare a dare risposte concrete, mantenendo le promesse fatte in campagna elettorale. Sembra un fatto straordinario mentre per noi è la normalità. Con il Governo del cambiamento la difesa dei diritti dei lavoratori si sposa con il sostegno alle imprese, realtà che finalmente trovano uno Stato amico e non vessatore».
Il Decreto Dignità che porta la sua firma ha ricevuto alcune critiche dalle associazioni imprenditoriali del Veneto, Emilia e Trentino-Alto Adige. Ma il presidente di Confindustria del Veneto, Matteo Zoppas, in un’intervista al Gazzettino di oggi tende la mano al governo dicendosi pronto al dialogo e invitando a non effettuare generalizzazioni sugli imprenditori. Cosa gli risponde?
«Il decreto Dignità, ribadisco, non è una misura contro le imprese, è una misura che mette un freno alla deriva dell’utilizzo dei contratti a tempo determinato. I contratti di un giorno, una settimana o di qualche mese mortificano i lavoratori ma neanche aiutano le imprese. Le imprese che realmente investono sui lavoratori non avranno problemi ad uniformarsi alla nuova normativa. Voglio sottolineare che questo Governo è ben consapevole dell’importanza del mondo imprenditoriale per lo sviluppo del Paese. Opereremo anche sul costo del lavoro per favorire le assunzioni a tempo indeterminato. Ho apprezzato l’apertura del Presidente Zoppas, noi siamo pronti a confrontarci, come abbiamo sempre fatto con tutti. Ribadisco noi non siamo contro l’imprese, siamo per l’impresa che cresce e genera ricchezza tutelando il lavoro».
In settimana si è discusso anche del tema Olimpiadi con Torino che si è sfilata. La candidatura è ora a due Cortina-Milano (con il Trentino coinvolto) ed è oggettivamente più debole e senza il sostegno economico del governo. Quali sono le ragioni della vostra cautela? Non possono essere un volano di sviluppo?
«Torino non si è sfilata dalla candidatura a tre, pur avendo espresso la migliore candidatura assieme alle Valli olimpiche, sotto il profilo economico, ambientale e dell’innovazione. Semmai è il Coni che invece di scegliere ha prodotto il caos delle tre candidature. Legittimamente, e direi responsabilmente, Chiara Appendino ha chiesto chiarezza sulla sostenibilità economica, memore dei guasti del passato, quando i grandi eventi venivano presentati come imperdibili opportunità e poi finivano per diventare enormi buchi nelle casse dello Stato e degli enti locali. La sostenibilità economica ambientale e sociale è alla base di ogni azione che mettiamo in campo, a maggior ragione se si tratta di vetrine importanti come i Giochi olimpici».
La riforma del credito cooperativo avanza tra mille titubanze. Il ministro Fraccaro aveva chiesto un azzeramento della riforma – il Trentino con Ccb è una delle due capogruppo nazionale -, ma il decreto non è andato in questa direzione non essendoci modiche sostanziali. Qual è la sua posizione su una riforma comunque cruciale per il sistema bancario italiano?
«Il Governo è intervenuto con modifiche puntuali che hanno rivisto a fondo l’impianto complessivo della riforma. La nostra scelta di fissare la quota di capitale detenuta dalle Bcc appartenenti al gruppo in misura almeno pari al 60% rafforza la partecipazione sociale degli istituti territoriali. Abbiamo inoltre fatto salvo il principio che la capogruppo debba agire nel rispetto del carattere localistico e mutualistico delle banche di credito cooperativo. Abbiamo voluto difendere l’autonomia delle Bcc da una riforma che avrebbe avuto un impatto pesantissimo su realtà di credito importanti per i nostri territori e di conseguenza sui loro tipici clienti, le famiglie e le piccole e medie imprese. Grazie al Governo del cambiamento i cittadini possono continuare a contare sull’autenticità del sistema di credito cooperativo trentino e alto-atesino».