È una settimana parlamentare molto intensa, quella che si apre stamattina al Senato, con l’approdo in Aula del decreto sicurezza, sponsorizzato dalla Lega e causa di molti mal di pancia in casa dei Cinquestelle. Si prosegue nel pomeriggio alla Camera dove, in commissione Affari costituzionali, entra nel vivo la battaglia sugli emendamenti al disegno di legge anticorruzione sul quale Lega e M5S hanno preso strade differenti e si preparano alla resa dei conti, che proseguirà dal 12 novembre a Montecitorio.
Al Senato — sul decreto che Matteo Salvini sta seguendo personalmente passo dopo passo — pesa la fronda dei dissidenti del Movimento Cinque Stelle che sono molto critici sul muro che il provvedimento alza davanti ai richiedenti asilo e agli stranieri potenzialmente interessati dalla protezione umanitaria. In prima fila, a contestare le scelte della Lega, ci sono i senatori grillini Gregorio De Falco, Paola Nugnes, Matteo Mantero, Elena Fattori e Lello Campolillo, che però non impensieriscono più di tanto il governo, perché sul decreto sicurezza c’è comunque la «ciambella di salvataggio» del soccorso azzurro di Forza Italia e di quello assicurato da Fratelli d’Italia. Per questo l’ipotesi di un voto di fiducia è ancora nel cassetto e, come ha confermato il ministro Riccardo Fraccaro (Rapporti con il Parlamento), il governo cercherà in ogni modo di non ricorrere a questa forzatura.
Più complessa la situazione alla Camera, dove lo scontro tra M5S e Lega non è più simulato. Oggi pomeriggio ci sarà battaglia sull’ammissibilità dell’emendamento del M5S sulla prescrizione (che verrebbe congelata dopo il primo grado anche in caso di assoluzione). I deputati di Forza Italia Francesco Paolo Sisto e Enrico Costa, che oggi incontrano il neopresidente delle Camere Penali Giandomenico Caiazza, annunciano le barricate, ma anche la Lega (che sul punto si è trovata davanti al fatto compiuto) non resterà a guardare. I grillini, a loro volta, sono sul piede di guerra, perché la Lega ha messo in campo una serie di emendamenti finalizzati a smontare 8 degli 11 articoli di cui è composto il testo. In altre parole, se non interverrà una mediazione, l’iter del ddl anticorruzione diventa sempre più incerto. I tempi sono stretti, perché domani iniziano le votazioni.
Ha ancora strascichi la polemica innescata dal Guardasigilli Alfonso Bonafede (M5S) che ha definito «azzeccagarbugli» gli avvocati. Il ministro si è scusato con tanto di nota ufficiale (e l’Unione delle Camere Penali ha accettato le scuse, ma non il cessato allarme), però le opposizioni in Parlamento si sono scatenate. «Il diritto di difesa è uno dei cardini su cui si regge lo Stato di diritto», ha detto l’ex Guardasigilli Andrea Orlando (Pd). «Tra Lega e M5S non si tratta solo di dispettucci ma di divergenze su temi fondamentali», osserva Giorgio Mulè di Forza Italia.