I marchi di alta moda più conosciuti al mondo hanno una ‘pelle’ italiana, anzi: friulana. Non tutti, è vero, e non sempre, magari. Ma tra i nomi che è possibile elencare ci sono Chloé, Givenchy e soprattutto Chanel. La pelle di cui si parla è quella prodotta a San Daniele del Friuli (Udine) da Mabi International Spa, azienda fondata nel 1979 da Mario Biasutti, di recente nominato Cavaliere del Lavoro.
Un segmento, quello della pelletteria di alta gamma, d’importanza primaria in Italia. Ma che soffre di un fattore ‘endemico’ al nostro tessuto imprenditoriale, vale a dire la dimensione – spesso piccola o media – delle aziende. Nel 2018, per esempio, se ne contavano circa 4.700, mentre il numero di addetti complessivi andava vicino alle 33 mila unità, il che equivale a una media di 7 dipendenti ciascuna.
E se oggi Mabi conta 300 collaboratori interni, i suoi inizi sono sulla falsariga della situazione appena descritta: come ricorda il suo fondatore, presidente e amministratore unico Mario Biasutti, infatti, la partenza vedeva quattro persone coinvolte nell’impresa.
In un primo momento, l’idea è stata quella di realizzare dal modello al prodotto finito una propria linea di borse e articoli di pelletteria sotto il marchio Andrea Mabiani. Le collaborazioni con i marchi internazionali arrivano invece a metà degli anni Novanta, dopo una serie di investimenti nell’innovazione dei processi.
A puntare gli occhi su Mabi sono, come si diceva più sopra, soprattutto i brand francesi, Chanel in testa. Proprio quest’ultima casa di moda è entrata nel capitale della società friulana con una quota di minoranza e, nel 2019, ne ha rilevato il 40%. Nel frattempo erano già arrivati altri due stabilimenti lungo la Penisola, il primo nel 2012 a Scandicci (FI) e il secondo nel 2018 ad Albignasego (PD).
La capacità produttiva di Mabi oggi si aggira attorno alle 120 mila borse e ai 300 mila articoli di piccola pelletteria, per un fatturato che nel 2022 ha toccato quota 170 mln, realizzato per circa il 90% all’estero. Nel triennio precedente i ricavi avevano subito una battuta d’arresto tra 2019 e 2020, passando da 98,97 mln a 83,44 mln, ed erano poi rimbalzati a 104,37 mln nel 2021.
Il tasso composto di crescita annuale tra il 2015, quando il fatturato era pari a 39,65 mln, e il 2021 si attesta al 17,5%, più basso di esattamente dieci punti percentuali rispetto al Cagr dei sei anni precedenti (era il 27,5% tra 2009 e 2015).