Due nuovi addii tra i deputati e un’altra decina pronta a lasciare, tutti in fuga verso il Misto per arrivare ai numeri necessari per creare Eco, il nuovo gruppo cui lavora Lorenzo Fioramonti. Lettere partite dai probiviri verso i 47 ritardatari delle restituzioni (ma le espulsioni saranno due al massimo). E un documento politico messo a punto da tre senatori con un attacco al doppio incarico di Luigi Di Maio e alla piattaforma Rousseau gestita dall’associazione omonima guidata da Davide Casaleggio, ieri avvistato alla Camera. Soffiano venti di guerra nel M5S, proprio mentre il capo politico, da ministro degli Esteri, sta affrontando i dossier caldissimi di Iran e Libia.
Nel quartier generale di Di Maio l’irritazione è palpabile. Lo dimostra la prima reazione: lo stop alla discussione del documento durante l’assemblea congiunta di ieri sera, che però gli estensori Mattia Crucioli, Emanuele Dessì e Primo Di Nicola decidono di leggere. «È un tema da stati generali (previsti in primavera, ndr), che vedranno la partecipazione di tutti», sottolineano fonti vicine al leader, aggiungendo che il documento è stato firmato «solo da tre senatori». «In realtà è stato condiviso da molti», chiarisce Crucioli al Sole 24 Ore, negando con fermezza che si tratti di un documento di rottura o contro Di Maio e che costituisca l’embrione per un nuovo gruppo di “responsabili”: «È una proposta, proprio in vista degli stati generali, per far emergere l’esigenza diffusa di migliorare il M5S, alla luce dell’esperienza di governo». Rivoluzionaria la riforma interna invocata, a partire dal vertice: via la figura del capo politico, da sostituire con un «organismo collegiale democraticamente eletto», rappresentativo tanto delle diverse anime del M5S quanto dei territori. Con una «netta separazione tra le cariche interne del Movimento e quelle di governo». Un organo che Crucioli immagina «dai sette ai venti componenti». Ma è forse su Rousseau che la proposta è ancora più dirompente: si chiede che la gestione dei dati, la formulazione dei quesiti e gli aspetti connessi alla selezione degli organi rappresentativi siano «posti sotto il controllo del M5S ed effettuati con metodo democratico».«Non bisogna dare adito ad alcuna illazione e fugare il quadro da ogni dubbio che da strumento di democrazia diretta Rousseau possa diventare un motore di controllo del Movimento», spiega Crucioli. L’affondo contro Casaleggio e la gestione della piattaforma è però lampante.
Anche sulle restituzioni la richiesta è di un cambio di passo: creare un comitato di garanti, ma soprattutto fissare una cifra comprensiva sia dell’“obolo” di 300 euro mensili versati all’associazione Rousseau per il mantenimento della piattaforma sia della cifra necessaria per il pagamento di tutte le spese legali «relative all’attività politica e mediatica» di Beppe Grillo. Punto sul quale si sarebbero registrate frizioni proprio tra il garante e Casaleggio.
L’incendio potenziale viene spento rinviando agli stati generali. Ripartono i veleni. Una fonte governativa pentastellata si dice convinta che Di Maio stia meditando un passo di lato come capo politico, ma allarga le braccia: «Paradossalmente, questo documento rallenta il processo». Tutto mentre continua l’esodo dal Movimento. Ieri sono usciti Massimiliano De Toma e Rachele Silvestri. Altri sono pronti a fare lo stesso passo (direzione Fioramonti), alcuni dei quali sono tra i “morosi” destinatari delle missive dei probiviri. Come Nicola Acunzo, Nadia Aprile, Daniele Del Grosso, Flora Frate. L’unica consolazione, per la maggioranza, è che Eco non ne metterà in pericolo la tenuta.
Ma a nessuno sono sfuggite le mosse di ieri: l’apertura del premier Giuseppe Conte, in un’intervista al Foglio, a una “maggioranza Ursula” (allargata a Forza Italia) e il ritiro delle firme per il referendum sul taglio dei parlamentari da parte di quattro senatori vicini a Mara Carfagna. Un segnale di “responsabilità” che in caso di implosione del M5S, in Senato, potrebbe risultare vitale per il Governo. E per la legislatura.