Tutto dunque procede come previsto. Anche se, riferisce una fonte, qualche motivo di tensione tra italiani e francesi nei mesi scorsi ci sarebbe stato. Secondo alcune fonti, il fondatore di Luxottica non avrebbe preso bene l’intervista rilasciata dall’amministratore delegato di Essilor, Hubert Sagnières, al Financial Times lo scorso 10 dicembre, in cui il manager annunciava a sorpresa che sarebbe stato nominato «un nuovo amministratore delegato» spiegando di ritenersi «troppo vecchio» a 62 anni per svolgere questa carica. Sagnières non ha indicato un calendario preciso per questo passaggio di poteri che potrebbe avvenire «fra due o cinque anni ma anche fra sei mesi». Non a caso, a stretto giro, dopo appena 5 giorni, Del Vecchio ha voluto mettere in chiaro quanto definito in termini di governance nel contratto siglato con Essilor un anno prima: «L’accordo, già firmato e approvato dalle assemblee di Essilor e Delfin, prevede i ruoli chiave in maniera chiara e precisa. Io sarò il presidente esecutivo, Hubert vice presidente esecutivo, abbiamo gli stessi poteri. La scelta del capo azienda si porrà solo in futuro», ha detto in una intervista rilasciata al Corriere della Sera lo scorso 15 dicembre. Come dire, sulla governance è stato già detto (e scritto) tutto.
A poco più di un anno di distanza dall’annuncio della fusione tra Luxottica ed Essilor, l’operazione che darà vita al colosso da 50 miliardi di capitalizzazione entra nel vivo. Non tanto nella forma, già sigillata nell’accordo comunicato alla fine del 2016, ma nella sostanza. Nel giro di un paio di mesi, la mappa delle autorizzazioni Antitrust sarà completa. E non a caso, appena due mesi fa la governance di Luxottica è stata modificata proprio in funzione del grande salto, con la nomina ufficiale di Francesco Milleri come capo azienda, manager chiave e di piena fiducia di Leonardo Del Vecchio designato come colui che, in presenza di un impedimento del fondatore, sarà l’unico legittimato a prendere il suo posto nella cabina di comando di Essilor-Luxottica (vedere articolo in pagina).
C’è dunque attesa sul mercato. E non mancano alcuni elementi di riflessione. La prima, importante, domanda che troverà risposta in tempi stretti, è in che modo le autorizzazioni ancora mancanti potrebbero rimettere in discussione i cardini dell’accordo siglato nel 2016. L’Antitrust del Messico ha già approvato la fusione tra Luxottica e il gruppo francese Essilor, dopo che un’identica decisione è venuta dalle Authority di controllo della concorrenza di Australia, Colombia, Corea del Sud, Giappone, India, Marocco, Nuova Zelanda, Sud Africa, Russia, Taiwan e Canada.
Quella canadese è una delle cinque giurisdizioni la cui approvazione è condizione sospensiva per il closing dell’operazione. E all’appello mancano ancora Stati Uniti, Brasile, Cina e Unione europea, con l’Antitrust Ue che ha prorogato al 22 marzo prossimo la scadenza entro cui dare il suo via libera o meno alla fusione tra Luxottica ed Essilor.
Cosa succederebbe se una di queste autorità dovesse mettere paletti stringenti ai fini del via libera? L’impalcatura dell’intesa potrebbe essere rimessa in discussione e con essa i valori già concordati? Sulla carta, nell’accordo siglato tra Essilor e Luxottica, non ci sono riferimenti espliciti a questo scenario. Esiste solo, nel documento depositato all’Amf, una “termination fee” bilaterale del valore di 200 milioni di euro. In sintesi è stabilito che Essilor o Delfin saranno costrette a pagare questa penale nel caso in cui pongano in essere delle violazioni all’accordo che possano portare le autorità Antitrust a negare il via libera o che comunque mettano a rischio il perfezionamento stesso dell’intesa e delle sue condizioni. Resta da capire se, sulla base di una interpretazione estensiva, la richiesta di rivedere l’intesa in presenza di condizioni assai stringenti da parte dell’antitrust possa rappresentare una violazione. Ma su questo non c’è visibilità. D’altra parte si osserva che ci sarebbe ottimismo sui verdetti mancanti e scenari di questo tipo appaiono improbabili.