Partenza con suspense per il Conte bis. Se alle quattro del mattino le luci di Palazzo Chigi erano ancora accese è perché la notte della vigilia è stata lunga e agitata. Si tratta, si litiga, tra Pd e 5 Stelle e all’interno del Movimento. Poi, grazie al pressing del Quirinale, la quadra per dar vita all’esecutivo numero 66 della Repubblica si trova. Dieci ministri del M5S, nove del Pd, uno di Leu e un tecnico donna, Luciana Lamorgese, chiamata al Viminale per chiudere la stagione di Salvini.
La borsa sale, lo spread scende, l’amministrazione Trump saluta con «fiducia» il nuovo esecutivo giallorosso. I vertici della Ue accolgono con grande favore la svolta europeista di Roma e l’arrivo dell’ex premier Paolo Gentiloni a Bruxelles come commissario con un portafoglio importante. Salvini ammette la sconfitta e si scaglia contro il governo «della casta». Ma Zingaretti volta pagina: «Ora basta odio». Alle 10 di oggi il giuramento dei ministri nel Salone delle Feste del Quirinale, quindi il premier avrà quattro giorni per limare il discorso per la fiducia, lunedì alla Camera e martedì al Senato.
All’1.38 di ieri notte un messaggino rimbalza sugli smarthpone dei dirigenti del Pd: «È saltato tutto». La casella che mette a rischio la nascita del governo è quella strategica del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, lasciata libera dal potentissimo leghista Giorgetti. Il premier vuole metterci il segretario generale Roberto Chieppa, ma Luigi Di Maio si impunta su Riccardo Fraccaro, perché ha bisogno che un fedelissimo tenga gli occhi bene aperti su Conte. Il braccio di ferro è energico, col capo del M5S che minaccia di ridiscutere tutto: «Se non sarò vicepremier e Fraccaro non sarà a Chigi, al Viminale ci vado io». La notizia dello scontro spiazza il Quirinale, dove alle 10 tutto è pronto per la salita di Conte. Macché, il professore lascia palazzo Chigi solo alle due e mezzo del pomeriggio, dopo una faticosa mediazione. Fraccaro sarà sottosegretario alla presidenza. Ma non è una vittoria piena, perché l’idea di Conte è nominare anche Chieppa sottosegretario e affidargli «deleghe importanti in ambito legislativo». Una soluzione che presenta aspetti delicati anche dal punto di vista tecnico, perché si tratterebbe di spacchettare un incarico nevralgico, attraverso il quale passano tutti i provvedimenti. Se la decisione di avere due sottosegretari in una sorta di condominio sarà confermata, l’attuale capo di gabinetto — Alessandro Goracci — prenderà il posto di Chieppa come segretario generale.
Trovato il compromesso che ha consentito la partenza del governo e conclusi gli ultimi due vertici, sul programma e sui ministri, alle tre del pomeriggio il giurista pugliese sale al Quirinale con la lista. Si ferma un’ora con il presidente Mattarella nello Studio alla Vetrata e scioglie la riserva con cui aveva accettato l’incarico di formare il nuovo governo. È emozionato e indugia sui nomi per non sbagliare: «Forti di un programma che guarda al futuro, dedicheremo le nostre migliori energie a rendere l’Italia migliore…». Dietro la formula che dà vita al «bis» restano enigmi e nodi politici. Il Pd soffre perché non ha un presidio a Palazzo Chigi: «Abbiamo lasciato che l’esecutivo decollasse, ma il problema andrà risolto. Faremo capire a Conte che è suo interesse essere affiancato da un vice del Pd». Sceso da colle alle cinque della sera, Conte è andato a Montecitorio dal presidente Roberto Fico. Incontro scandito da sorrisi e felicitazioni, mentre in un clima più formale sono corsi via i 40 minuti con Elisabetta Casellati a Palazzo Madama.