Quattro romanzi per quattro stagioni. Ed ha appena consegnato all’editore il terzo, Gli Invernali.
«Vorrei dare il sentimento del tempo e, contemporaneamente, la speranza che le stagioni esistano. La nostra prospettiva contemporanea è sfasata dal cambiamento climatico che tutti noi, nella nostra piccola esperienza, viviamo come preoccupante».
Letteratura documentale?
«Anche. Una sorta di doppio movimento: da una lato, per ricordarci come erano le stagioni prima degli sconvolgimenti climatici, prima che ci fregassimo il tempo. Dall’altro, in chiave benaugurante, dare l’illusione che il tempo non passi. Una rassicurante stagionalità che, per un attimo, ci faccia dimenticare che siamo mortali, l’origine della nostra tragica condizione».
Lei è anche docente di scrittura creativa: si può davvero insegnare a scrivere un libro?
«Il talento non si insegna, ma si può insegnare ad uno scrittore che è uno scrittore o, al contrario, che non lo è. In questo romanzo uno dei filoni è l’indagine e la descrizione di un preciso milieu culturale romano che fa dire ad un protagonista che Omero, Shakespeare non hanno mai frequentato scuole di scrittura … perché non esistevano. Nessuno può dire che non l’avrebbero fatto, potend».
Con quale coraggio lo scrittore Ricci insegna scrittura?
«Che posso aiutare gli scrittori, ma anche i non scrittori. Nei miei corsi metto in luce la natura di ciascuno. I miei insegnamenti servono tanto per continuare quanto per smettere la carriera di scrittore».
Chi ha insegnato a lei?
«All’inizio ci sono stati dei modelli. L’aspirante scrittore legge qualunque cosa, come un lettore qualsiasi, ma lo fa invece per circoscrivere il proprio campo d’azione. I miei modelli sono stati i racconti di Maupassant, di Buzzati, di Carver. Per fortuna tre autori molto diversi tra loro, da permettermi di temperarmi su voci e registri eterogenei. Carver è un minimalista americano, Buzzati un mitteleuropeo, Maupassant un cultore del fantastico, vengo fuori da una miscela molto sfaccettata di elementi».
Il potere del racconto in epoca social
«I social più che racconti sono pubblicità. Sono storie finalizzate alla vendita di un prodotto, se stesse. Il racconto letterario rimane senza finalità, è una narrazione senza target, almeno nelle sue nobili finalità, è un campo di stimoli aperto libero dove non dovrebbero entrare censure e politicamente corretto. Questa è la differenza tra il racconto e tutte le narrazioni di epoca social che ci circondano e dalle quali siamo sommersi».
Lo storytelling
«E’ la riduzione di un libro alla propria trama, al plot. Sono narrazioni muscolari, bidimensionali, importanti anche, ma di questi tempi stanno occupando un po’ troppo spazio nella letteratura. Stiamo vivendo una dittatura dello storytelling, mentre invece una storia deve potersi raccontare due volte, come ha scritto Nathaniel Hawthorne, uno dei padri della letteratura americana, nei suoi “Racconti narrati due volte”».
Che tipo di scrittore è?
«Un bel ragazzo, alto 1,86, occhi marroni, piacente (ride, ndr) … è difficile dirlo, finora me la sono cavata definendomi uno scrittore di racconti prestato al romanzo. Forse me la cavo anche stavolta. In realtà se sei un romanziere che scrive romanzi o uno scrittore di racconti che scrive romanzi non influisce sul ritmo, sulla pagina, sulla scrittura in sé».
Sull’epoca-Covid
«Io credo fortemente che la letteratura non debba occuparsi dell’attualità, tuttavia questa situazione eccezionale della pandemia, la preoccupazione, la saturazione rispetto ai discorsi sul virus, da scrittore mi ha fatto generare una serie di pensieri personali molto scorretti e alternativi rispetto ai pensieri medi che occupavano il dibattito in quei giorni».
E come sono finiti al pubblico, queste riflessioni personali?
Ho capito che l’unico spazio dove mettere questa massa di pensieri confusi, molto poco coerenti tra loro, anche fantasie sessuali, era la letteratura. E mi sono messo a scrivere, contravvenendo a quello che ho sempre pensato, che il presente fosse un ostacolo al discorso letterario. Sono partito dalla mia esperienza, dall’andare a fare la spesa.
Poi è tornato scrittore
Certo, è nato un racconto con i miei temi ricorrenti. E’ una storia d’amore ambientata nei giorni del lockdown 2020 e la mascherina chirurgica, di fatto un elemento feticistico del nostro presente, è l’elemento chiave che risolve o meno il discorso amoroso di una coppia di sconosciuti, due clandestini al quadrato, perché non si conoscono e sono anche mascherati, che si incontrano e amoreggiano in questa Roma deserta.
*Leggo, 30 giugno 2020