Lunedì mattina Matteo Salvini sarà a Breganze in Veneto per inaugurare un tronco di sette chilometri della Pedemontana. E ieri mentre il governatore Ignazio Visco stava ancora parlando ha dettato alle agenzie una dichiarazione in cui condivideva la necessità di uno choc fiscale. Infrastrutture e tasse sono diventati i temi della campagna d’estate e l’obiettivo è portare a compimento l’Opa sul partito del Pil. Le elezioni europee sono state un ottimo banco di prova: basta pensare solo al Piemonte dove il centrodestra ha giocato di contropiede sulla Tav, ha recuperato terreno rispetto alle piazze e sconfitto Sergio Chiamparino, che pure dell’Alta velocità aveva fatto una bandiera. In Veneto Salvini è riuscito a celare agli elettori le divisioni tra la vecchia Lega sindacato di territorio (che ha il volto di Luca Zaia) e la nuova, portando a casa la maggioranza assoluta dei consensi, oltre il 50%, in vari comuni del Vicentino e del Trevigiano dove il binomio società-impresa è più stretto. In Emilia le cose si sono rivelate più complesse: dove i rapporti tra amministrazioni e associazioni imprenditoriali sono più saldi (Modena e Reggio Emilia) i sindaci del Pd hanno retto l’onda leghista, nel voto per le Europee, più impersonale, Salvini è riuscito comunque nel sorpasso.
L’Opa sulla comunità del lavoro e dell’impresa si è così avvertita che tra i sondaggisti si discute solo se abbiano contribuito di più gli operai o i piccoli imprenditori. Secondo le rilevazioni di Swg poco meno del 50% delle tute blu ha votato Lega ed è diventato questo il nuovo zoccolo duro del consenso salviniano, ottenuto per altro senza nemmeno agitare il tema dei salari ma solo sulla base di una consonanza antropologica. Ad aiutare Salvini nel fare il pieno tra i seguaci del partito del Pil c’è stata anche la disastrosa performance di Luigi Di Maio come ministro dello Sviluppo economico. Nonostante l’apertura di credito della Confindustria romana il ministro non è riuscito a far dimenticare l’infelice espressione di «prenditori» rivolta agli industriali. All’assemblea nazionale della stessa Confindustria l’accoglienza della platea è stata freddissima, quasi ai limiti dello sciopero dell’applauso. E la manfrina che l’ha portato prima a tagliare il super ammortamento sui macchinari 4.0 e poi ripescarlo si è rivelata un’operazione a immagine negativa. Anche la vicenda Alitalia e i tentennamenti nel chiedere e poi negare l’ingresso di Atlantia hanno rafforzato la percezione di un ministro indecisionista.
Ma la domanda che i rappresentati delle imprese si fanno ora suona così: quella di Salvini sarà un’Opa ostile o amichevole? Tenterà di imporre al partito del Pil un’agenda nella quale sommare le loro rivendicazioni alla pazza idea di aumentare il disavanzo e rompere con la Ue? Oppure recepirà le cautele delle imprese che vivono di export e sono integrate nelle catene del valore transnazionali? «Il voto ha intercettato un consenso netto e polarizzato di cui fare un uso equilibrato. Se c’è solo una squadra in campo va a scapito del bel gioco e del risultato» ha commentato nei giorni scorsi Massimo Finco, presidente di Assindustria Venetocentro. Ieri, poi, una risposta implicita è venuta da Confindustria Vicenza che con un secco comunicato ha spiegato di non essere più un’isola felice della manifattura ma di aver registrato, la prima volta dopo sei anni, -0,7% di produzione rispetto al trimestre precedente. E il comunicato vicentino è uscito prima che l’Istat, sempre ieri, correggesse al ribasso il Pil del primo trimestre. Il messaggio è chiaro: avete firmato una cambiale, se il riavvicinamento alle imprese non è mera propaganda dovete cambiar marcia «smettendola con una politica economica che ci ha fatto tornare agli anni Ottanta», ha detto il presidente Luciano Vescovi. Sulla stessa lunghezza d’onda per altro del presidente di Assolombarda Carlo Bonomi che, intervistato dal Foglio , ieri è stato anche più secco: «Non si può scherzare ogni giorno con il fuoco. Sono convinto che l’Italia abbia due mesi di tempo, giugno e luglio, per dimostrare di aver cambiato rotta rispetto al percorso della responsabilità». L’Opa del Capitano è dunque in pieno corso ma l’esito è ancora dubbio.