Un po’ di enfasi non guasta mai. Doriana Tassotti, pasionaria No Tav, alle otto di sera dice: «E che dovevamo fare di più? Quando la testa del corteo era già arrivata, la coda stava ancora partendo. Atro che i Sì Tav: eravamo molti più».
Ora, non è proprio così, nel senso che quando la testa è arrivata a destinazione la coda era più o meno a metà percorso. Ma è indiscutibile che la piazza No Tav di ieri sia stata una risposta forte e compatta del mondo che si oppone a quei 57 chilometri di supertreno che dovrebbero collegare Italia e Francia. E se è soddisfatto di come è andata l’uomo che più di tutti rappresenta l’anima popolare del movimento nato trent’anni fa o giù di lì, in val di Susa, è tutto detto. Alberto Perino non ci pensa su due volte quando dice: «Questa è la risposta a quella manifestazione ridicola del sì. C’era gente che non sapeva neanche perchè era lì. C’erano gli imprenditori, nel senso di gente che prende e non dà nulla. Qui, invece, siamo tutti motivati, sappiamo che decenni di lotta non li cancella di certo la manifestazione di un giorno». Applausi.
Ed eccolo qui il mondo No Tav. Colorato come al solito. Con mille anime e un solo obiettivo: difendere la valle. Evitando le «colate di cemento che devastano il territorio» e far risparmiare risorse «che possono essere investite in altri progetti più utili e che porterebbero vero sviluppo».
Ma la novità vera di questa piazza è l’età di chi marcia, senza accendere un fumogeno, o senza sporcare un muro. Una piazza di ragazzi che bevono birra, ascoltano musica rap e raccolgono i vuoti: «Perché non siamo dei maleducati». Certo, i capelli bianchi ci sono. Ma sono gli studenti e i trentenni che lavorano nella scuola, nella sanità, nelle fabbriche della valle che la fanno da padroni. E mentre marciano, sognano un futuro senza il super treno. «Vedete, io mi sto laureando al Politecnico in pianificazione territoriale. Io credo che per una effettiva riconversione della nostra economia la Tav sia inutile e vada nella direzione opposta. Io sono per un futuro differente e resiliente» dice Livio Sera, 26 anni, studente del Politecnico di Torino e una delle anime di Alter Polis. Ma al Poli come la pensano? «Il No alla Tav è un’opinione prevalente e trasversale».
E allora marcia sia. Con i bambini della valle imbacuccati nei piumini che tengono su un mini striscione. Con i cattolici che dicono: «Difendere il territorio è etico». Lo spiega bene Paolo Anselmo che cammina in corteo e sorregge con altre persone uno striscione con l’immagine della Madonna. «Ci ha lasciati perplessi la posizione dell’arcivescovo Nosiglia, che ha definito interessante il progetto. Ecco, noi non siamo e non saremo mai su quelle posizioni: siamo No Tav». Certo, loro non sono gente di primissima fila, pronta a farsi denunciare, ma di certo sono determinati: «Noi andiamo in piazza per difendere con la preghiera la nostra terra».
Già, la terra da curare. Ci sono altri che la difendono e arrivano da fuori. Da Genova, dal Sud. Ci sono i No Tap e no Terzo valico, c’è il mondo che si oppone. «Hanno fatto numeri con manifestanti arrivati da tutta Italia» dice qualcuno. Ma i conti della serva raccontano che i bus venuti da fuori erano poco più di venti. E fanno mille passeggeri. E se altrettanti sono arrivati in treno la piazza era certamente tutta del territorio. Torino e Val di Susa. E paesi della provincia dove la linea del treno superveloce non arriverà.
Ecco, in questa storia che narra di due mondi che non si parleranno mai, un po’ di ragione ce l’ha pure Lele Rizzo, che qualche giorno fa diceva: «C’è voglia di lotta di classe». E le classi sono chiare. Non c’è possibilità che si parlino. Ed è emblematica la posizione di Federico, 30 anni, che in piazza Castello dice: «Sono diventato No Tav dopo aver sentito cosa si sono detti gli industriali alle Ogr». Perché? «Perché sono lontano un milione di chilometri dal Paese reale».
Alle sette di sera si spegne la musica. Gli interventi sono finiti. La piazza si svuota. Inizia il balletto delle cifre. Ventimila, trentamila, settantamila. Di certo erano tanti, tantissimi. E anche se dicono: «Non c’è contrapposizione con la piazza del Sì», la gara c’è stata. Chi l’ha vinta? Bisogna guardare le foto delle piazze. E fare i confronti.