Leggendo “L’ombra di Caterina” hai subito l’impressione di entrare in una storia più grande, evocativa per definizione. Come se i passi della giovane protagonista richiamassero l’assoluto. Una donna semplice, Caterina, incontra un uomo, Pietro, dalle vestigia importanti. Ma l’incontro è solo il frutto. Non è l’albero del racconto. Una vicenda che ne ricorda incredibilmente un’altra.
Ci sono tutti gli elementi per fare la connessione: il silenzio, il dolore, la grandezza, l’umiltà, l’unità. L’altra storia è quella di Maria di Nazareth e Gesù, suo figlio. Questa è di Caterina da Vinci e Leonardo, suo figlio. Il genio dei geni. Colui che ancora oggi a distanza di 500 anni rimane un mistero artistico per la sua iridescente versatilità. “L’ombra di Caterina”, di Marina Marazza, e’ un affresco fatto romanzo (storico) che si struttura in un ampio concerto di figure femminili.
Gli uomini fanno da sfondo a questo quadro pieno di tonalità che virano al colore della fatica, unico spazio in cui le donne dell’epoca potevano esprimersi. Leonardo viene raccontato di sbieco, come un giovane pittore in cerca di se stesso, tra diversità e talento. La forza dolce di queste pagine sta tutta in quell’universo femminile che ha la capacità di trovare l’ardore della vita nell’ombra, nella sofferenza, nella lontananza. Un amore materno capace di attendere, come tutti i veri amori.