Donald Trump minaccia inaspettati dazi al Messico e lo spread tra i BTp e Bund sale fino a toccare 295 punti base in mattinata per poi chiudere a 288. E addirittura la Grecia sorpassa l’Italia. Ieri, per la prima volta dal 10 marzo del lontano 2008, gli investitori hanno comprato titoli di Stato quinquennali di Atene con tassi d’interesse più bassi rispetto agli analoghi quinquennali italiani: 1,78% contro l’1,82%. Ecco cosa succede quando l’incertezza politica è troppo elevata. Quando si vive in una campagna elettorale permanente fatta di annunci sempre più azzardati. Ecco cosa accade quando si lascia continuamente intendere di non voler tenere a bada i conti pubblici. Di voler aumentare i debiti. Succede che l’Italia diventa vulnerabile sui mercati finanziari: qualunque evento nel mondo in grado di creare turbolenze si riverbera sui nostri titoli di Stato. Anche se l’evento in questione nulla ha a che fare con l’Italia.
Mex-Italia
Cosa sia accaduto ieri lo rivelano le dichiarazioni degli operatori. «Dopo l’asta di giovedì di BTp, sono arrivato in ufficio alla mattina con un po’ di sovraesposizione sui titoli italiani – racconta il capo della sala trading di una banca -. Vedo che Trump minaccia dazi al Messico, vedo i tassi dei Bund in discesa, vedo le Borse negative e cosa faccio? Vendo BTp». «In mattinata la notizia del Messico è stata una doccia fredda» aggiunge con parole molto simili un altro trader. Insomma: il fulmine a ciel sereno lanciato da Trump sul Messico ha causato, a livello globale, il fenomeno generalmente chiamato «flight to quality». «Volo verso la qualità»: gli investitori hanno venduto titoli rischiosi (le Borse sono cadute) e comprato beni rifugio (oro o titoli di Stato).
Il punto è che i titoli di Stato italiani sono considerati rischiosi. Dunque in una fase di «flight to quality» vengono venduti. Ieri poi ci si è messo il dibattito sui mini-BoT a creare ulteriore incertezza. Così un tuono in Messico è diventato pioggia in Italia: unico Paese in Europa che ieri ha visto salire i rendimenti dei titoli di Stato decennali. Sono scesi quelli tedeschi, francesi, spagnoli, portoghesi, irlandesi e greci. I nostri si sono mossi in controtendenza. Unici venduti. Non senza conseguenze: le tensioni sullo spread e le incertezze sulla domandahanno indotto il Mef a rinviare all’autunno l’asta del BTp Italia.
Il sorpasso greco
Eppure il fatto che i rendimenti dei titoli greci quinquennali siano per la prima volta da oltre 11 anni più bassi di quelli italiani suona davvero come una nota stonata. Va bene l’incertezza politica, va bene il braccio di ferro con l’Europa. Ma la Grecia ha un debito pubblico molto più pesante di quello italiano (174,9% del Pil contro 133,7% nel 2019 secondo le stime della Commissione Ue) e ha un’economia neppure lontanamente paragonabile a quella italiana (che è la seconda manifattura d’Europa). Allora perché i rendimenti dei titoli di Stato greci scendono? Perché hanno tassi più bassi di quelli italiani?
Il motivo è semplice: in un momento di «flight to quality» si comprano beni rifugio (come i Bund tedeschi) ma anche i titoli che offrono maggiori prospettive di miglioramento. E quelli greci sono perfetti: il Paese cresce (2,2% previsto nel 2019 dalla Commissione Ue), ha un avanzo di bilancio (0,5% del Pil), ha un debito in diminuzione (da 181,1% del 2018 è previsto al 174,9% nel 2019 e al 168,9% nel 2020). E le elezioni in arrivo lasciano sperare che arrivi un Governo più gradito ai mercati. L’Italia invece non cresce e ha deficit e debito in aumento. Così il paradosso diventa realtà: la Grecia supera l’Italia.