La prima vittima del nuovo scontro aperto dall’attuale governo contro la Francia potrebbe essere Alitalia. Fino a qualche giorno fa i negoziati per portare Air France- Klm dentro al salvataggio della compagnia di bandiera sembravano sulla buona strada. Secondo l’ipotesi sul tavolo, il gruppo franco- olandese era pronto a entrare nel capitale insieme alle Ferrovie. Un modo di salvare la faccia per il governo, evitando una completa nazionalizzazione. Ma il dossier è oggi in mano al ministro per lo Sviluppo economico Luigi Di Maio che dovrebbe trattare con Parigi mentre non perde occasione di attaccare Emmanuel Macron e fomentare un sentimento anti- francese.
E’ uno dei tanti esempi di come i sovranisti al potere rischiano di danneggiare gli interessi nazionali. Sul piano politico industriale, sono tante le partite aperte su cui potrebbe pesare la nuova crisi diplomatica. Le tensioni hanno già provocato un rallentamento nell’alleanza tra Fincantieri e Stx- Chantiers de l’Atlantique. Dopo la richiesta delle autorità alla concorrenza di Parigi e Berlino, la Commissione europea ha aperto un’indagine sull’operazione. Nonostante le smentite dell’Eliseo su una presunta “ ritorsione politica”, appare chiaro che non esiste più una relazione di fiducia tra Roma e Parigi in un settore altamente sensibile: nel polo navale bretone di Saint- Nazaire si fabbricano anche i sottomarini nucleari della Marina francese.
Anche la battaglia contro la Tav dei Cinque Stelle va a colpire direttamente gli interessi della Francia. Il 9 gennaio scorso la commissione tecnica ha consegnato l’analisi costi- benefici. A novembre la ministra francese Borne, dopo aver incontrato il suo omologo Toninelli, aveva ribadito «la volontà di rispettare i trattati internazionali», che prevedono la costruzione del tunnel per l’alta velocità tra Torino e Lione e aveva fatto pressione per «non perdere i finanziamenti internazionali » dell’opera. Il danno economico potrebbe essere elevato per la Francia che sta già portando avanti il cantiere.
Altro fronte aperto è quello della telefonia con la controffensiva sferrata dal socio francese Vivendi per il controllo di Tim, che vedrà il momento clou nell’assemblea convocata per il 29 marzo. Vincent Bolloré, patron di Vivendi, che con il 23,9% è il primo azionista del gruppo italiano, pensa che cedere la rete Tim sia sbagliato. Il governo gialloverde, invece, la vorrebbe fuori dalla società telefonica.
Per dare un’idea di quanto sia potenzialmente dannosa una guerra diplomatica tra Italia e Francia basta qualche dato. Nel 2017 gli scambi commerciali tra i due Paesi sono aumentati del 8,3%, superando i 76,6 miliardi di euro. Le esportazioni italiane Oltralpe sono superiori a quelle francesi in Italia, con un surplus pari a 6,7 miliardi di euro in favore del nostro Paese. In Europa, la Francia rappresenta il secondo partner dell’Italia, con una quota di mercato pari al 10,5%, preceduta dalla Germania con il 12,8%.
La Francia è fra i primi paesi impegnati in Italia, dove controlla oltre 1.900 imprese in cui lavorano 250mila dipendenti, mentre il nostro Paese ha circa duemila imprese Oltralpe, con più di centomila dipendenti. La presenza storica di grandi gruppi italiani ha continuato a rafforzarsi negli ultimi anni. Di recente Luxottica si è fusa con Essilor ed è di questi giorni la notizia che Salini Impregilo ha vinto alcuni appalti nella futura linea del Grand Paris Express. Dal lato italiano, il settore in cui gli investitori francesi sono maggiormente presenti è quello dei servizi bancari e assicurativi, basti pensare che Generali e Unicredit sono guidate da francesi, rispettivamente Philippe Donnet a Trieste e Jean Pierre Mustier a Milano. Nel lusso, il gruppo Lvmh guidato da Bernard Arnault controlla tra l’altro Bulgari, Fendi, Loro Piana, mentre Kering di Francois- Henri Pinault ha fra le sue controllate Gucci, Bottega Veneta, Brioni. Nell’industria alimentare, due fra i principali marchi del settore lattiero sono in mano francese: Lactalis della famiglia Besnier controlla infatti Galbani e Parmalat. Tutti numeri che dovrebbero far riflettere il ministro dello Sviluppo nonché il leader della Lega che rappresenta il polo produttivo del Nord.