Poche questioni mettono a nudo il divorzio fra la politica e la realtà in Europa come il negoziato sui migranti. Il prossimo atto andrà in scena da domani a Bruxelles, perché i leader dei 28 Paesi non si riuniscono per trovare una soluzione al problema oppure per punire o, al contrario, compiacere l’Italia. Stavolta l’obiettivo è soprattutto salvare Angela Merkel. Tutti, i critici più severi della cancelliera tedesca, capiscono che la rimpiangerebbero se un fallimento nei prossimi giorni a Bruxelles aprisse la strada a una svolta d’impronta più nazionalista a Berlino.
Merkel rischia perché Horst Seehofer, il ministro dell’Interno espresso dalla Csu bavarese, le ha dato un ultimatum: la cancelliera ha pochi giorni per ottenere un accordo europeo che autorizzi la Germania a respingere alla frontiera i richiedenti asilo già registrati altrove nell’Unione europea. In gran parte si tratta di persone in arrivo dall’Italia e Seehofer minaccia di ritirare l’appoggio dei cristiano-sociali al governo se Merkel fallisce nel negoziato. Dopo oltre dodici anni di potere, sarebbe l’ultimo atto della cancelliera.
Il divorzio fra politica e realtà è completo perché questo sembra in buona parte un problema risolto: un totem attorno al quale coalizzare elettori prima del voto di ottobre in Baviera. Come nota Matteo Villa dell’Ispi sulla base di dati raccolti da Tagesspiegel (che ha interpellato la polizia di frontiera tedesca), tra gennaio e aprile di quest’anno i tentativi di ingresso irregolare dall’Austria in Germania sono stati 3.800 e nel 55% dei casi sono finiti con il respingimento; sono bastate le regole di Schengen. Continua dunque il calo negli afflussi irregolari verso la Germania rispetto ai 14.600 del 2017, mentre aumenta la quota delle persone respinte. Rispetto poi ai 167 mila ingressi di migranti e rifugiati senza documenti contati del 2016, il crollo è fortissimo.
Ciò che resta, e potrebbe portare a un veto dell’Italia al vertice europeo, è il problema politico. Per disinnescare la crisi di governo, Merkel ha bisogno che il governo di Roma si impegni a riaccogliere con un consenso automatico chi viene fermato in Germania dopo aver presentato richiesta d’asilo in Italia. Ma la disponibilità del premier Giuseppe Conte al vertice è condizionata a una contropartita: la Germania e gli altri principali Paesi dovrebbero impegnarsi a superare il sistema esistente, che relega la responsabilità per ogni richiedente asilo al primo Paese di arrivo nell’Unione Europea. Poiché l’obbligo legale di salvataggio in mare e di accoglienza in un porto sicuro negli ultimi anni è gravato quasi per intero sull’Italia, ora Conte chiede di rivedere il principio di fondo. Secondo il governo italiano, la responsabilità di gestire le richieste di asilo non può essere solo del Paese di primo approdo.
Thierry Pech di Terra Nova, un centro studi progressista di Parigi, definisce la richiesta del governo di Roma «giusta» e nota che essa, nei suoi aspetti costruttivi, «taglia corto con le provocazioni del ministro dell’Interno Matteo Salvini». Il problema è che né Merkel, né il presidente francese Emmanuel Macron sembrano disposti (per ora) a questa concessione: per loro dovrebbe restare il cosiddetto sistema di «Dublino III», che consegna gli irregolari ai Paesi di primo ingresso nella Ue. Merkel deve proteggersi dalla pressione della Csu. Macron fino a qualche ora fa è parso identificare Salvini con Marine Le Pen, la sua grande avversaria di estrema destra; l’uomo dell’Eliseo vive qualunque concessione all’Italia di Salvini come un’ammissione di vulnerabilità in politica interna.
Il cuore del negoziato di Bruxelles è qui. Molto ruoterà attorno alle frasi delle conclusioni dei leader nelle quali si parla della «condivisione degli oneri» sui richiedenti asilo. Per ora, con quel concetto i diversi leader intendono cose diverse. Merkel e soprattutto Macron vorrebbero che quella «condivisione» fosse di tipo finanziario oppure logistico: gli altri Paesi finanziano l’Italia, come fanno già con la Turchia, quindi sarà l’Italia a gestire gli stranieri irregolari in «centri chiusi» (espressione dello stesso Macron); oppure gli altri Paesi offrono personale per gestire le richieste, di fatto commissariando il sistema giudiziario italiano come accade già in Grecia.
L’Italia chiede invece che le conclusioni del vertice precisino o lascino la porta aperta a una «condivisione degli oneri» nella distribuzione delle persone: Conte vuole rompere il legame tra il Paese di primo approdo e l’obbligo di gestione delle richieste di asilo. Se questo l’Italia potrebbe mettere un veto, se insoddisfatta. C’è però una proposta in più, che potrebbe facilitare il compromesso: l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), guidato da Filippo Grandi, dovrebbe presentare un piano di accoglienza dei richiedenti in Paesi terzi come Tunisia o Algeria e di centri di filtraggio lungo le rotte del Sahara. Con indennizzi per chi accetta di tornare indietro.
Se niente funziona, naturalmente Merkel ha ancora uno strumento per salvarsi dalla Csu e sopravvivere politicamente: tagliare l’Italia fuori da Schengen. Ma è l’opzione nucleare, non un bottone che la cancelliera può schiacciare a cuor leggero.