Chilometri di file per i tornanti delle Alpi, ore di attesa in macchina pattinando sulle strade ghiacciate. È stato questo il destino di ricchi e meno ricchi convenuti ieri a Davos per un avvio del Forum economico mondiale battezzato da fittissime nevicate e imprecazioni in numerose lingue. E nella patria mondiale della puntualità, il fondatore Klaus Schwab è stato costretto a spostare la sua inaugurazione con Cate Blanchett ed Elton John di trenta minuti per non parlare a un deserto di sedie.
Almeno il messaggio del Papa è arrivato puntuale, al gotha della finanza e dell’economia che da ieri si è dato appuntamento sulle Alpi svizzere per discettare dei temi più caldi del momento. Nella sua missiva a Schwab, l’invito del Pontefice è stato quello a costruire « una società inclusiva, giusta e che dia supporto » . In un periodo di timori crescenti – tema anche di Davos – per una robotizzazione che rischia di spazzare via milioni di posti di lavoro, il Papa avverte che l’uomo deve tornare al centro dell’economia.
Ma nel primo pomeriggio, agli appassionati di numeri, il capoeconomista del Fondo monetario internazionale, Maurice Obstfeld, aveva già regalato le prime soddisfazioni, presentando un rapporto che corregge enormemente le stime di crescita dello scorso autunno. Probabilmente è giusto quello che i banchieri centrali della Bce affermano da tempo, quando invitano a considerare la tendenza in atto non più una ripresa bensì una piena, robusta dinamica di crescita. Ma non senza incognite, come sottolinea anche il Fmi.
In tre mesi la situazione è talmente migliorata che gli economisti di Washington hanno rivisto di un decimale al rialzo le stime dell’economia globale al 3,7% nel 2017 e di due decimali quelle per gli anni a venire, al 3,9%. E la parte da leone la fanno i Paesi avanzati, usciti definitivamente dalla trincea della Grande crisi. Soprattutto, l’Fmi mette in evidenza la forte spinta che verrà nel breve dalla riforma fiscale targata Donald Trump. Gli Stati Uniti cresceranno del 2,7% quest’anno e del 2,5% l’anno prossimo, più o meno mezzo in punto in più di quanto preventivato a ottobre. La riforma fiscale appena approvata a Washington farà da calamita per gli investimenti grazie agli sgravi alle imprese. Il Fmi avverte però sugli effetti a medio termine, quando molte misure temporanee e lo stesso effetto dei tagli fiscali si affievoliranno.
Obstfeld invita dunque alla cautela: « I politici non dimentichino che l’attuale momento economico riflette una combinazione di fattori che non è probabile duri a lungo » . L’enorme disavanzo scavato anche dai tagli delle tasse costringerà a misure di aggiustamento che potrebbero cominciare a imbrigliare il Pil americano dal 2022.
Quanto all’Europa, marciano oltre le attese Germania, Italia e Olanda, grazie alle esportazioni, ma anche per un recupero della domanda interna. E l’Italia crescerà quest’anno dell’ 1,4% e l’anno prossimo dell’1,1%, rispettivamente lo 0,3 e lo 0,2% in più rispetto a quanto previsto in autunno. Ma per Paesi come il nostro vale quanto affermato ieri dalla direttrice generale del Fmi, Christine Lagarde, approdata quest’anno al Fondo insieme ad altre sei donne tra cui la direttrice del Cern, Fabiola Gianotti, come vicepresidente del Forum. Lagarde ha detto che non è tempo per compiacersi dei risultati raggiunti in alcuni Paesi, che bisogna continuare a fare le riforme. Spesso Lagarde ricorre alla frase « bisogna riparare il tetto quando il tempo è bello » , e certamente pensa anche a Paesi come il nostro, gravati da un livello enorme di debito. Ieri l’ex ministra delle Finanze francese ha anche lanciato l’allarme sul « preoccupante » aumento del debito in molti Paesi. Ma intanto la notizia dell’orizzonte assolato per l’Italia fa il paio con un altro rapporto presentato da PwC, come di consueto nel giorno della vigilia del Forum. L’indagine condotta tra 1.300 amministratori delegati di 85 Paesi, tra cui 112 italiani, rivela che il 57% del totale pensa che l’economia crescerà ancora nei prossimi dodici mesi ( quasi il doppio rispetto all’anno scorso), e in Italia è addirittura il 59% del totale, il 23% in più rispetto a un anno fa.