L’economia nazionale potrebbe crescere quest’anno dello 0,3%, in forte rallentamento rispetto al +0,9% del 2018, e sostanzialmente solo grazie al traino della domanda interna netta, mentre i contributi della domanda estera e della variazione delle scorte sarebbero pari a zero. È quanto prevede Istat nell’analisi diffusa ieri, uno scenario che pur tagliando di un punto pieno le stime del novembre scorso offre ora una prospettiva migliore sia delle stime governative (+0,2% il quadro programmatico Def) sia della Commissione Ue (+0,1%).
Le ipotesi degli analisti scontano due rischi al ribasso: un’ulteriore contrazione del commercio internazionale e un aumento dell’instabilità finanziaria. Variabile quest’ultima che porterebbe con sè un peggioramento delle condizioni di credito a imprese e famiglie. Se invece tutto filasse liscio, in un quadro di politica monetaria ancora accomodante, un aumento dello 0,5% dei consumi e dello 0,3% degli investimenti determinerebbe la crescita prevista (nel Def gli investimenti farebbero +1,4%).
Vale ricordare, in attesa dei dati di fine maggio sul primo trimestre (la stima flash è un + 0,2% congiunturale), che per la contabilità nazionale il Pil acquisito 2019 si attesta ora al +0,1%. «La crescita è meno forte di quanto auspicato ma più forte di quanto atteso» ha affermato il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, a margine della ministeriale Ocse a Parigi. Due giorni fa l’Ocse aveva previsto una crescita zero per l’Italia, contro il -0,2% di qualche mese prima: «Se tutta l’Europa, come previsto, avrà una ripresa nel secondo semestre – ha aggiunto Tria – avremo una crescita maggiore anche per l’Italia. Si è visto in passato che mese dopo mese venivano abbassate le previsioni di crescita, ora vediamo che mese dopo mese vengono aumentate le previsioni di crescita». Mentre il premier, Giuseppe Conte, ha parlato di stime prudenziali del governo: «Siamo fiduciosi che i provvedimenti adottati e in cantiere e i nuovi strumenti consentiranno all’economia di poter crescere, siamo fermamente convinti che l’Italia possa farcela».
La previsione Istat fotografa in questa fase uno scarto tra indicatori di sentiment, indici anticipatori del ciclo e i dati aggregati. Accade in Italia ma anche nel resto dell’Europa, basti ricordare il +0,4% stimato in Germania sul Pil del primo trimestre a fronte di indicatori di fiducia in costante calo. Nello scenario Istat il rallentamento dei ritmi produttivi viene confermato rispetto al 2018, con il risultato di un mercato del lavoro stabile, con un lieve aumento del tasso di disoccupazione (10,8%). Mentre le retribuzioni lorde si muoverebbero in linea con il deflatore della spesa delle famiglie (+0,9%). Si prevede, in particolare, un moderato incremento dei consumi sostenuto dall’aumento del monte salari e, in misura limitata, dalle misure sul reddito di cittadinanza. «Ci aspettiamo nei prossimi mesi un rimbalzo delle condizioni economiche e della congiuntura. Pensiamo che i risultati saranno migliori nel secondo semestre» ha commentato il presidente di Intesa SanPaolo, Gian Maria Gros-Pietro. Nello scenario diffuso ieri il +0,3% degli investimenti fissi lordi potrebbe essere in parte determinato quest’anno anche dalle agevolazioni inserite nel decreto crescita. Ma vale ricordare che a fine 2018 la quota degli investimenti italiani sul Pil era ancora al di sotto dei livelli pre-crisi (18% contro il 21,2% nel 2007).