Dopo le previsioni incoraggianti di Banca d’Italia, Commissione Ue, Ocse e Fmi, l’Istat rivede decisamente al rialzo le stime di crescita dell’economia tricolore, nell’anno che cerca di mettersi alle spalle il crollo 2020 della crisi sanitaria. E Piazza Affari festeggia, tornando su livelli mai più toccati — in chiusura — dal lontano ottobre 2008, un mese dopo il fallimento di Lehman Brothers. L’Istituto di statistica ha rialzato le previsioni sulla crescita del Pil 2021, dal 4% stimato a dicembre al 4,7% (+4,4% nel 2022), perché nel primo trimestre l’economia è andata più forte di quanto atteso. «Il miglioramento del contesto internazionale — spiega un rapporto dell’Istat — ha portato a una revisione al rialzo per il commercio mondiale, con un effetto positivo sull’andamento di importazioni ed esportazioni»; inoltre «il deciso miglioramento delle aspettative delle imprese sull’evoluzione del ciclo economico ha avuto effetti sui consumi delle famiglie e sugli investimenti». Tuttavia, il numero delle persone in cerca di lavoro è previsto in crescita, «influenzato dal progressivo attenuarsi delle misure di sostegno pubbliche».
I mercatiIn Borsa l’indice Ftse Mib ha chiuso a quota 25.570 punti dopo un rialzo dello 0,46%, superando così il precedente picco (relativo) del 19 febbraio 2020, poche ore prima della scoperta dei primi pazienti positivi al Covid-19 in Lombardia, e tornando appunto ai valori di 13 anni fa. L’indice resta però ancora lontanissimo dai massimi di sempre del maggio 2007, prima dello scoppio della crisi internazionale dei mutui subprime.
Per quanto riguarda i consumi, l’Istat prevede per il 2021 un aumento della spesa delle famiglie del 3,6%, mentre nel 2022 il progressivo miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro, insieme a una più decisa riduzione della propensione al risparmio, dovrebbe portare a una crescita più sostenuta (+4,7%).
In generale, le previsioni per gli anni 2021 e 2022 «sono fortemente legate alle ingenti misure di sostegno agli investimenti pubblici e privati previste dal Pnrr». Quanto agli investimenti, il processo di accumulazione del capitale è previsto in forte accelerazione nel 2021 (+10,9%), spinto dalle costruzioni e dal settore dei macchinari, per poi restare consistente anche nel 2022 (+8,7%). L’evoluzione stimata per gli investimenti permetterebbe anche un sensibile recupero della quota sul Pil che salirebbe di circa 2 punti percentuali, dal 17,8% del 2020 al 19,6% del 2022.
Sul fronte del lavoro, continua l’Istat, «l’evoluzione dell’occupazione, misurata in termini di Ula (unita’ di lavoro, ndr), sara’ in linea con quella del Pil, con una accelerazione nel 2021 (+4,5%) e un aumento nel 2021 (+4,1%). L’andamento del tasso di disoccupazione rifletterà invece la progressiva normalizzazione del mercato del lavoro con un aumento nell’anno corrente (9,8%) e un lieve calo nel 2022 (9,6%)», ma sono oggi ancora 800 mila gli occupati in meno rispetto al pre-Covid.
I prezziConfermato il rialzo dell’inflazione: i ricercatori spiegano che «nei prossimi mesi dovrebbero continuare a prevalere spinte inflattive». E aggiungono: «Oltre alle tendenze al rialzo che caratterizzano al momento i prezzi nelle fasi a monte della distribuzione finale, alla produzione e soprattutto all’importazione, un contributo determinante sarà fornito dalla ripresa dei costi energetici cui dovrebbe aggiungersi l’apporto inflazionistico proveniente dalla componente dei servizi». Ma la tendenza non dovrebbe essere duratura: nel 2021 il tasso di variazione del deflatore della spesa delle famiglie è previsto in aumento dell’1,3% (-0,2% nel 2020), ma nel 2022 la crescita dovrebbe fermarsi all’1,1%. Per quanto riguarda il commercio estero, le esportazioni sono previste in crescita nel 2021 (+9,6%) e nel 2022 (+7,9%); anche l’aumento delle importazioni si manterrà intenso (+10,4% e +9,0%).
Imprese e sindacati Per Confindustria il quadro economico, sociale e occupazionale è positivo. Le stime di ieri sono segnali incoraggianti anche per la Cgil e Federconsumatori, che tuttavia parlano di una ripresa che rischia di essere diseguale e senza occupazione (per il sindacato) e di troppo ottimismo sul rilancio della spesa (per i consumatori).