Per iscriverti all’evento clicca qui
L’infiltrazione mafiosa nell’economia legale del Nord Italia può dunque oramai considerarsi un fatto consolidato con sue prassi e modus operandi definiti. Come già evidenziava il Rapporto del 1° semestre della Direzione Investigativa Antimafia del 2013 «l’aspetto più rimarchevole della fenomenologia mafiosa è l’accentuata tendenza all’inquinamento dell’economia legale, ove le imprese mafiose […] irrompono con una disponibilità di risorse che, nello scorcio attuale, caratterizzato da una crisi economica di sistema, le rende competitori imbattibili1.
Le potenzialità economiche e finanziarie delle regioni del Nord Italia costituiscono una fonte di attrazione per le iniziative imprenditoriali delle cosche, che alterano le normali dinamiche economiche mediante imprese colluse o controllate, o addirittura attraverso l’acquisizione diretta o indiretta di aziende. La Lombardia e la città di Milano, in particolare, sono aree che catalizzano l’interesse criminale, sia per la concentrazione di risorse e imprese, sia per la presenza di grandi opere pubbliche2.
Riguardo a queste ultime, la capacità delle cosche di condizionare l’assegnazione delle commesse, tanto nelle loro regioni di origine quanto al di fuori, è diventata oramai una costante ampiamente denunciata nell’ultimo rapporto della DIA3. Le modalità operative criminali coinvolgono professionisti, imprenditori, dirigenti del settore pubblico e privato che facilitano, in vario modo, l’ingresso delle cellule mafiose nell’economia legale. Non per nulla, attorno al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.) gravitano solitamente altre ipotesi di reato, spesso riconducibili a una criminalità attiva sul fronte economico, come per esempio il riciclaggio e il reimpiego di denaro illecito4, i reati societari e fallimentari, la corruzione e la turbativa degli incanti. Tra queste fattispecie di reato, quella che più di altre è rappresentativa dell’attuale contaminazione mafiosa sul territorio è la dilagante corruzione (artt. 318 e ss. c.p.), la quale consente «di penetrare il tessuto economico-amministrativo e di riprodurre progressivamente la metastasi mafiosa nelle regioni più ricche del Paese» (DIA, 2° semestre 2013). L’effetto della corruzione, praticata a livello sistematico, è l’arresto della crescita socio-economica, complice una governance poco etica e trasparente che ostacola regolarmente l’azione di coloro che vogliono agire nella legalità:
La ’ndrangheta continua a manifestare una grande propensione ad operare senza ricorrere a condotte di natura violenta, utilizzando, invece, il suo «capitale sociale», fatto di relazioni con il mondo politico, imprenditoriale ed economico5.
Un caso emblematico di questo modo di agire è quello che ha coinvolto l’ex assessore alla Casa della Regione Lombardia, condannato nel 2017 a 10 anni per voto di scambio aggravato dalla finalità mafiosa nel 2017. Nella vicenda sono presenti tutti i tratti, sopra richiamati, di questa infiltrazione silenziosa e non violenta che prende le mosse dal rapporto di collaborazione tra il politico e due affiliati calabresi della cosca Morabito-Bruzzaniti: questi, a fronte di 200.000 euro, garantiscono 4000 voti per vincere le elezioni regionali del 2010. Non molto diversi sono i fatti che ricorrono nell’inchiesta che, nel settembre del 2017, porta all’azzeramento del Comune di Seregno e all’arresto del sindaco. In quella circostanza la DDA di Milano arriva a parlare di «un Comune al servizio dei clan», rimarcando ulteriormente la natura infiltrativa e politica tramite la quale i clan calabresi esprimono la loro crescente influenza.
Anche per Cosa nostra, il superamento dell’epoca della strategia della violenza degli anni Novanta, e il suo conseguente inabissamento, ha finito per favorire meccanismi collusivi e corruttivi attraverso l’attivazione dei colletti bianchi finalizzati a riciclare e a investire capitali illeciti al di fuori della regione d’origine, e in particolare in Lombardia6. Recenti investigazioni hanno messo in luce, per esempio, come una nota famiglia mafiosa, i Laudani, sia riuscita a infiltrarsi nel tessuto economico lombardo attraverso una serie di società e cooperative riconducibili a un noto gruppo imprenditoriale.
Anche nel caso della mafia siciliana quindi si conferma definitivamente la strategia della sommersione7.
Si assiste a una vera e propria esportazione al Nord di comportamenti e modelli mafiosi, con la presenza di affiliati nelle compagini politiche e amministrative locali. Tramite le frange colluse della pubblica amministrazione, i clan si insediano infatti direttamente negli apparati burocratici8. Un altro esempio in tal senso è rappresentato dal recente scioglimento del Comune di Lavagna (GE) per infiltrazione di una cosca criminale calabrese, i cui membri operavano acquisendo appalti pubblici nel settore della raccolta, stoccaggio e trasporto di rifiuti, e reimpiegando i proventi illeciti nel settore immobiliare9. Nel caso specifico dei clan calabresi, la loro presenza nel Nord Italia vede anche il reclutamento in loco di «nuove leve»10 e la costituzione di strutture di riferimento regionali, capaci di acquisire il controllo sulle forme delinquenziali tipiche (traffico di stupefacenti, estorsioni e riciclaggio).
In Lombardia la ’ndrangheta opera con una struttura di riferimento regionale, denominata appunto «la Lombardia», intesa come una «camera di controllo», vale a dire un organismo di collegamento con la «casa madre» reggina, funzionalmente sovraordinata alle locali presenti nella zona11.
Allo scenario richiamato bisogna infine aggiungere una modalità di conquista territoriale che si sviluppa attraverso alleanze e sinergie criminali, tra diversi gruppi della malavita organizzata e senza l’esclusione di possibili sodalizi con clan di matrice straniera12.
Piemonte e Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna ed Umbria sono regioni in cui vari sodalizi di ’ndrangheta hanno ormai realizzato una presenza stabile e preponderante, talvolta soppiantando altre organizzazioni criminali […] ma spesso in sinergia o, comunque, con accordi di non belligeranza con le stesse, fenomeno riscontrato in Lombardia ed Emilia-Romagna, ove sono attivi anche gruppi riconducibili alla camorra o a Cosa nostra13.
1 Direzione Investigativa Antimafia, Relazione al Ministro dell’Interno al Parlamento. Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, 1° semestre 2013, p. 265.
2 Nei procedimenti per la realizzazione delle «grandi opere» ‒ tra cui EXPO 2015 e poi la TAV ‒ si è assistito alla formazione di vari sodalizi di ’ndrangheta che tentavano di inserirsi nei lavori pubblici attraverso imprese proprie o di riferimento
(Direzione Investigativa Antimafia, Relazione al Ministro dell’Interno al Parlamento. Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, 1° semestre 2017).
3 Ivi, p. 12.
4 Il money laundering, che include il reato di riciclaggio (art. 648 bis c.p.) e il reato di impiego di denaro di provenienza illecita (art. 648 ter c.p.), può essere definito come quell’attività o quell’insieme di attività volte a nascondere, occultare, o comunque ostacolare, l’accertamento dell’eventuale origine illecita delle risorse patrimoniali utilizzate nel corso di un’operazione finanziaria o economica.
5 Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Relazione annuale 2016 (periodo 01/07/2015-30/06/2016), p. 17.
6 Ivi, p. 63.
7 Ivi, p. 106.
8 Direzione Investigativa Antimafia, Relazione al Ministro dell’Interno al Parlamento. Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, 1° semestre 2017.
9 Ivi, p. 13.
10 Vale a dire soggetti di seconda o terza generazione che, benché nati e cresciuti al Nord, mantengono rapporti con la casa madre calabrese alimentando e rinnovando le antiche tradizioni e ritualità criminali. A tal proposito già una ricerca dell’Università Bocconi (Università Commerciale Luigi Bocconi-Dipartimenti di Studi giuridici Angelo Sraffa, CREDI-Centro di ricerche europee sul diritto e la storia delle imprese, L’espansione della criminalità organizzata nelle attività d’impresa
al Nord, a cura di A. Alessandri, 2014) appurava come fosse particolarmente rilevante il dato sull’origine degli affiliati ai clan che agivano sul territorio lombardo; il 16% delle persone imputate del reato di cui al 416 bis del codice penale, era originario lombardo. Percentuale superiore agli imputati per lo stesso tipo di reato in Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata (Direzione Investigativa Antimafia, Relazione al Ministro dell’Interno al Parlamento. Attività svolta e risultati conseguiti
dalla Direzione Investigativa Antimafia, 1° semestre 2017, p. 34).
11 Direzione Investigativa Antimafia, Relazione al Ministero dell’Interno al Parlamento. Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, 1° semestre 2018.
12 Ivi, p. 20.
13 Ivi, p. 17.
Il socio occulto
di Marella Caramazza
Egea
Pagine 192, euro 19.00