Il motore dell’eurozona si è inceppato. L’industria tedesca frena ancora e segna il peggior risultato da 10 anni. A ottobre la produzione industriale è scesa dell’1,7% rispetto a settembre, quando era calata dello 0,6%, mentre le attese erano per un piccolo rialzo (+0,1%), e crolla del 5,3%, ai minimi dal 2009, segnala Capital Economics.
Il declino riflette le difficoltà di un settore manifatturiero fortemente orientato all’export come quello tedesco, colpito duramente dalla guerra sui dazi tra Usa e Cina, che resta una questione ancora aperta. Ma pesa anche l’incertezza sulla Brexit. Tra i settori più penalizzati c’è l’industria automobilistica, che in Germania dà lavoro a 830 mila persone in modo diretto, e a 2 milioni di lavoratori dell’indotto. Qui la produzione è diminuita del 5,6% rispetto a settembre, crollando del 14,4% su base tendenziale, anche a causa delle nuove regole sulle emissioni di Co2 e della transizione verso l’elettrico.
La frenata, che si aggiunge al calo degli ordini a settembre, risveglia i timori sull’andamento del Pil nel quarto trimestre, anche se l’Ifo proprio ieri ha segnalato che il calo del manifatturiero sarà un po’ più lento di quanto previsto. L’economia tedesca è cresciuta solo dello 0,1% nel terzo trimestre, evitando per un soffio la recessione, dopo la contrazione dello 0,2% nel secondo trimestre. Ma «ora la recessione nei prossimi trimestri appare più probabile che non», scrive nella Lettera ai clienti Andrew Kenningham di Capital Economics. Con inevitabili conseguenze sull’eurozona.
È una cattiva notizia in particolare per l’Italia, di cui la Germania è il primo partner commerciale. La conferma arriva dai valori dell’indicatore anticipatore elaborato dall’Istat, che suggeriscono il proseguimento della debolezza dell’attività economica. Nell’ultima parte dell’anno, si legge nella Nota mensile, il Pil dovrebbe mantenere ritmi modesti e la crescita in media annua attestarsi allo 0,2%. Per le buone notizie bisogna guardare oltreoceano. A novembre l’economia americana ha creato 266 mila nuovi posti di lavoro, molto di più dei 180 mila attesi, e il tasso di disoccupazione è sceso dal 3,6 al 3,5%, al minimo dal 1969.