«In effetti qui non ci stiamo più. Cresciamo del 10% e siamo al record di ricavi, con produzione satura almeno fino a settembre: ora investiamo dieci milioni per raddoppiare gli spazi e ovviamente assumiamo». Non per tutti, o almeno non con questa intensità. Ma il racconto di Marco Calcagni, direttore generale di Omet, è una buona sintesi di quanto sta accadendo in Italia. Il circolo virtuoso investimenti-crescita-lavoro pare infine essersi innescato e l’esperienza del gruppo lecchese di impiantistica è in effetti replicata anche altrove. Chiamare un’azienda e scoprirla al top di sempre in termini di vendite è ormai più la regola che non l’eccezione, come del resto certificano gli ultimi dati Istat.
L’indice dei ricavi industriali, dopo l’ennesimo scatto di dicembre (+2,5% su base mensile, +7,2% in termini annui, quattordicesimo risultato utile consecutivo), si trova ora ai massimi da ottobre 2008, non distante dal picco pre-crisi. L’accelerazione in atto è evidente, plasticamente rappresentata dall’impennata delle curve. Tradotta in numeri si materializza in un progresso di oltre cinque punti per i ricavi 2017, il massimo dal lontano 2011, un altro mondo rispetto agli “zero virgola” del precedente biennio. La corsa dei ricavi è del resto l’esito naturale di un momento quasi magico, che vede da un lato l’export crescere oltre ogni previsione (+7,4% nel 2017), permettendo al made in Italy di conquistare nuove quote di mercato a scapito dei partner europei, andando persino a sopravanzare la Francia (mai accaduto in precedenza) nel ricco mercato Usa.
Anche se la novità assoluta per le imprese è il risveglio della domanda interna, “cilindro” a lungo mancante al motore dell’economia e ora finalmente riavviato grazie in particolare alla ripresa degli investimenti. Scatto visibile nelle tabelle Istat, che ormai da tempo (dicembre non fa eccezione), vedono ricavi e commesse interne avvicinare per crescita i valori dell’export. L’esito è un irrobustimento della produzione, anche in questo caso in grado di chiudere l’anno alla velocità più alta (+3%) dal 2010, con prospettive di ulteriore miglioramento nei prossimi mesi. Per il centro studi di Confindustria, infatti, a compensazione di una chiusura d’anno più fiacca del previsto (Pil cresciuto dello 0,3%, al di sotto delle stime) la dinamica del primo trimestre 2018 potrebbe rivelarsi superiore alle attese, stando anche all’andamento degli indicatori qualitativi.
L’indice di fiducia delle imprese manifatturiere è a ridosso dei massimi degli ultimi 10 anni, le indicazioni dei direttori d’acquisto sono al top dal 2015, l’indicatore anticipatore Ocse segnala bel tempo. Alla forza dell’export e allo stimolo fornito dai nuovi investimenti – segnalano gli analisti – si aggiunge poi la migliorata prospettiva per i consumi, trainati dal recupero dell’occupazione. Elemento chiave, in grado di orientare verso l’alto tutte le statistiche, è certamente il rilancio degli investimenti indotto dal Piano Industria 4.0, in grado non solo di portare quasi a saturazione la capacità produttiva dei costruttori di macchinari ma soprattutto di attivare un indotto sterminato di componentisti e fornitori, che a loro volta investono e assumono. «Ho proprio qui un’offerta da mandare a Omet – spiega Antonella Devizzi, titolare di una Pmi di minuteria metallica – ma sono tante le aziende che chiedono forniture, siamo saturi fino all’estate e stiamo assumendo una persona in più. I nostri ricavi? Due milioni». Nuovo record, ovviamente.