La rabbia e l’orgoglio di 700 imprenditori bresciani, inferociti contro il “Governo del cambiamento”, allarmati per la frenata dei fatturati, preoccupati per un futuro che quasi tutti vedono grigio antracite. Ribolle il Brixia Forum della Fiera di Brescia, capitale dell’export, seconda provincia lombarda per Pil, terza area manifatturiera d’Europa. Gli imprenditori associati all’Aib, la Confindustria locale, prima della loro assemblea pubblica hanno risposto a un questionario: 8 su 10 giudicano «negative» o «molto negative» le politiche economiche del governo: il decreto dignità, gli stimoli (mancati) agli investimenti privati, quelli pubblici insufficienti, i «no» alle infrastrutture, lo smontaggio della legge Fornero. Nella sua relazione il presidente Giuseppe Pasini non esplicita quello che nelle conversazioni private è il tema ricorrente: nessuna fiducia, nessuna speranza nei confronti dei 5S.
Ma l’assunto diventa lampante quando la platea attribuisce un’ovazione al passaggio centrale del discorso del loro leader: «Introdurre misure assistenziali è l’ultima cosa da fare. Non vogliamo vivere in un Paese in cui è preferibile un sussidio a uno stipendio».
Invece il credito resta aperto nei confronti della Lega, alla quale in molti, qui, hanno dato il loro voto. Ma le perplessità crescono, anche tra i sindaci del Bresciano che hanno le antenne sensibili ai malumori del loro bacino elettorale. E quando Pasini, indicando Brescia come modello, sottolinea che «innovazione e inclusione sono di casa nelle nostre imprese» sembra implicitamente contestare l’ordine di priorità che Salvini ha impresso alla sua azione di governo, imperniata sui temi dell’immigrazione. Del resto, l’assenza del governo sui temi che stanno a cuore alle imprese è bollata come «segno allarmante di lontananza, uno scollamento dall’Italia che produce», un «approccio desolante» ai tre capisaldi delle rivendicazioni imprenditoriali: crescita, lavoro, benessere.
Sotto accusa il decreto dignità, che ha già causato una flessione del 26% della domanda di lavoro interinale. I tagli alla formazione e all’alternanza scuola lavoro. La mutilazione del piano Industria 4.0. L’«errore gravissimo» di bloccare Tav, Terzo Valico, Pedemontana. E soprattutto gli attacchi alle imprese pronunciati dai membri del governo, che infiammano l’orgoglio degli imprenditori bresciani: «Non accettiamo di essere definiti “prenditori”. Noi siamo “imprenditori”, creiamo lavoro e valore e rimandiamo al mittente le accuse». Il problema del Nord, per i Cinque Stelle e soprattutto per la Lega, comincia a diventare serio.