Il potere logora anche chi ce l’ha. L’architrave del governo del cambiamento, e cioè il rapporto di fiducia tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ieri è stato messo a dura prova. L’ingresso della «beneamata ceppa» sulla scena politica attraverso il vicepremier stellato che corregge quello leghista sugli inceneritori non è stato apprezzato. Lo stesso Salvini con chi gli parla si dice «allibito» dalla ruvidezza dell’alleato. Mentre i salviniani sono «increduli: tutte le volte che facciamo notare a Matteo le difficoltà con i grillini, lui ci tiene a bada dicendo che di Gigetto si fida, che occorre fare fatica ma alla fine le cose vanno a posto. Ma se Di Maio comincia a insultare…». Un momento di tensione? «È un post scritto, non la risposta uscita male a una domanda». Tra i 5 Stelle si attribuisce l’enfasi del capo alla volontà di ribadire che con l’ambiente non si scherza, visto che il Movimento è stato «impropriamente accostato al condono di Ischia».
E così il clima all’entrata di Palazzo Chigi, prima dell’ennesimo vertice di maggioranza, era tutto salvo che sereno. Anche perché, dietro alla sortita sugli inceneritori, c’è una giornata di tensioni: gli stellati sospettano che dietro un emendamento leghista al decreto anti corrotti si nasconda un salvacondotto contro i processi sulle spese pazze delle Regioni. Risultato: emendamento prima rinviato e poi ritirato. Ad aggiungere irritazione, tra i leghisti, la sesta commissione del Csm, in un parere per il ministero della Giustizia, segnala problemi costituzionali in alcuni articoli del decreto Sicurezza, simbolo stesso di Salvini al Viminale. Il documento è stato approvato all’unanimità, con il voto anche del laico stellato Alberto Maria Benedetti.
A Palazzo Chigi ieri sera la formazione era quella per il decreto fiscale con il premier Conte, i due vice Di Maio e Salvini, Tria, Bonafede, Garavaglia, Castelli, Fraccaro e Bitonci. Altra discussione non facile. E poi, discussione sulla riforma delle Bcc. L’intenzione del governo, in particolare della Lega, è smantellare la riforma Renzi fermando le aggregazioni tra banche territoriali. Un progetto già tratteggiato con le maxi fusioni che gravitano intorno alla Cassa centrale banca di Trento e Iccrea (Roma). Nessuna novità, invece, sulle manette agli evasori a cui puntavano alcuni grillini: la norma resta quella attuale. Conclusioni del vertice secondo i 5 Stelle: «Pieno accordo sul decreto fiscale».
Le nomine, pare, dovranno aspettare. Per i servizi, l’idea era quella di procedere ai cambiamenti già lunedì. Ora pare assodato che i vertici arrivino alla scadenza di marzo. Ancora questioni sulla designazione per l’Istat di Gian Carlo Blangiardo, mentre il candidato dei 5 Stelle per la Consob resta Marcello Minenna. Su cui fonti del Quirinale rivelano che al Colle «una riflessione è in corso».