La botta è forte. Ai piani alti e nelle ramificazioni periferiche della Lega si avverte un nervosismo senza precedenti. Perché ora — dopo la decisione dei giudici di Genova di autorizzare la Procura a confiscare somme fino a un totale di 49 milioni, come restituzione per la truffa subita dallo Stato tra il 2008 e il 2010 ad opera del Carroccio di Bossi e Belsito — «il partito di Salvini non ha più la possibilità di spendere un euro» senza infrangere una sentenza.
D’ora in poi, è la preoccupazione che assilla i vertici della Lega, stipendi, spese per le feste territoriali, fondi per la propaganda sarebbero «congelati» in assenza di una specifica autorizzazione del pubblico ministero. Eppure, nonostante la «situazione nera», come osserva il sottosegretario Raffaele Volpi che ha curato l’architettura del partito al Sud, l’ordine di Salvini ai suoi è quello di mantenere la calma evitando attacchi diretti ai magistrati: «Temete l’ira dei giusti…», è lo slogan coniato dalla comunicazione del segretario della Lega, che ora cerca di capitalizzare anche invitando il procuratore di Genova, Francesco Cozzi, a occuparsi «piuttosto» delle indagini sul crollo del ponte Morandi. Il magistrato non cade nella polemica: «Non ho nulla da rispondere. So solo che dalle 11.40 del 14 agosto stiamo lavorando senza sosta alle indagini per il crollo».
A livello politico Salvini — che si è tenuto ben lontano dal Consiglio dei ministri impegnato a conferire alla magistratura gli strumenti eccezionali del Daspo e dell’agente infiltrato contro la corruzione — ha comunque incassato la solidarietà del premier Giuseppe Conte: «Non mi fa certo piacere. È una cosa ferale, se uno fosse lungimirante non dovrebbe augurarsi responsabilmente che un partito democratico, che partecipa alla vita di questo Paese, possa essere pregiudicato del suo contributo alla vita del Paese. Questo significa che un partito è messo nella difficoltà, spero non nella impossibilità, di partecipare alla vita democratica del Paese». Più sfumato, il vicepremier Luigi Di Maio (M5S): «I fatti risalgono ai tempi di Bossi, una fase precedente. C’è una sentenza e le sentenze si rispettano. Ma questa vicenda non avrà ripercussioni sul governo».
La Lega parla anche con la voce autorevole del governatore Luca Zaia:«Vogliono distruggere il partito con una decisione che lascia sbigottiti». Ma arriva anche la solidarietà di Forza Italia e Deborah Bergamini, che chiede al governo di «varare un decreto salva Lega perché non si può impedire per via giudiziaria a un partito di svolgere la sua funzione». Sulla stessa linea si posiziona Giorgia Meloni (FdI).
Il Pd, invece, va alla carica. Matteo Renzi parla di «leghisti ladroni». Interviene poi anche l’ex ministra Maria Elena Boschi (Pd) per ricordare gli attacchi subiti quando lei era al governo: «Mi hanno massacrata due anni per un incontro con un dirigente di una banca. Un incontro! Se invece rubassi 49 milioni e mi rifiutassi di restituirli cosa mi farebbero?».