Da ieri Matteo Salvini è un uomo sempre più solo al comando. Berlusconi e Meloni stringono un patto segreto per impedirgli di sbarcare nelle due regioni del Sud che andranno al voto in primavera: Campania e Puglia. Ma il leader della destra italiana è stato messo all’angolo in queste ore anche nel suo partito. Quanto meno dall’unico leghista che può permetterselo: Giancarlo Giorgetti.
Il faccia a faccia tra i due, al rientro del segretario a Roma da Bologna, è stato al vetriolo, stando a quanto trapela. Non una fronda interna, non un attacco alla leadership dell’ex vicepremier ad oggi non scalabile. Tanto meno da parte del dirigente del quale Salvini più si fida. Ma è stato un colloquio ben più franco e aspro di altri che pure ci sono stati in precedenza. L’ex sottosegretario senza peli sulla lingua ha contestato all’amico di aver «sbagliato » la campagna elettorale in Emilia Romagna. Gli ha rinfacciato di essersi abbandonato alle «solite intemperanze » che come puntualmente accade, in questi casi, si pagano, portano alla sconfitta. Giorgetti, non è un mistero, è convinto che il partito dovrebbe intercettare l’elettorato moderato in uscita da Forza Italia, piuttosto che cavalcare le vaste praterie a destra. Sotto accusa, neanche a dirlo, la sortita improvvisata del citofono al Pilastro di Bologna, oltre ai toni esasperati usati nei due mesi di campagna in quella regione. Raccontano che in quella stanza, a porte chiuse, Salvini abbia fatto quel mea culpa che nelle ultime 48 ore, davanti a telecamere e taccuini, aveva sempre schivato. Ha ammesso cioè che il partito ha un problema nella raccolta di consenso nelle città, mentre ha la meglio spesso nelle campagne e nelle periferie: ma non basta. E questo – è il timore più forte espresso dal leader leghista – può rivelarsi un grosso problema soprattutto in vista del voto a Milano e Roma del prossimo anno. Perché se la Lega si schiantasse di nuovo anche in «casa», nella sfida difficilissima contro l’uscente Giuseppe Sala, ne uscirebbe azzoppato il partito e pure il suo leader. Alla fine, ha concluso Salvini nel colloquio con Giorgetti, la sensazione è di aver «dato tutto » ma di non essere riuscito a toccare «le corde giuste» degli elettori come invece sperava. Ora si guarda avanti, è stato l’incoraggiamento finale del numero due.
Anche perché i problemi per la Lega iniziano adesso. Il governo Conte resta dov’è. Mentre l’obiettivo di conquistare una grande regione del Sud, ovvero la Puglia o la Campania al voto in primavera, potrebbe essere già tramontato. Silvio Berlusconi non ha toccato il tasto nella telefonata avuta con Matteo Salvini per commentare i risultati in Calabria e Emilia Romagna (in cui ha glissato sul suo 2,6). Il Cavaliere però ieri ha voluto rassicurare i parlamentari forzisti (campani e non solo) che erano già in fibrillazione. «Per noi Napoli è la linea del Piave – ha intimato – la candidatura di Stefano Caldoro non si tocca, se Matteo la mette in discussione andiamo da soli». Più prudente, ma altrettanto decisa in Transatlantico Mariastella Gelmini: «Sal vini deve capire che le scelte d’ora in poi vanno condivise e bisognerà tenere conto dell’elettorato moderato». Anche perché, spiega Giorgio Mulé, «il centrodestra ha l’occasione storica di accerchiare il Pd , ma nessun partito è autosufficiente, umili all’interno della coalizione e spietati all’esterno ». Il fatto è che il leghista “spietato” lo è, ma con tutti. Non è un mistero che l’alternativa alla Campania sia la Puglia, che pure nel patto già siglato era destinata a Fdi per Raffaele Fitto. Meloni alza le barricate in tv, a La7: «Ho già spiegato a Matteo che i nostri candidati in Puglia e Marche non si toccano e non ho bisogno di dubitare della parola che mi ha dato». Per non correre rischi, la leader di Fdi ha già garantito al Cavaliere che sosterrà Caldoro in Campania (contro De Luca), incassando dall’ex premier forzista identico sostegno per Fitto in Puglia (contro Emiliano). Se la Lega non ci starà potrà correre da sola e accontentarsi del Veneto con Zaia e della Toscana, per la quale lievitano le quotazioni del sindaco leghista di Grosseto Antonfrancesco Vivarelli Colonna. Berlusconi, Meloni e Salvini per parlarne faranno un vertice in settimana. La leader di Fdi guarda già oltre: «Io candidata premier? Una cosa che mi fa tremare i polsi – confessa a Rete4 – ma penso ci siano le condizioni per una donna, sono pronta a misurarmi ». Salvini è avvertito.