Da Cavargna, provincia di Como, il paese più “verde” d’Italia con un mirabolante 87 per cento portato in dote alla Lega, fino a Lampedusa, celebrato simbolo dell’accoglienza dove quasi un elettore su due ha deciso di sostenere quelli che un tempo si chiamavano “lumbard”. Passando per Gallipoli, patria salentina di Massimo D’Alema che si è consegnata al Capitano. Il boom di Salvini alle Europee sta anche nella “conquista” dei municipi, soprattutto dei più piccoli: il Carroccio è primo partito in 5.868 Comuni, da Nord a Sud. I 5 Stelle, gli alleati di governo bastonati nel voto per Strasburgo, si fermano a quota 1.021, il Pd a 536, Forza Italia a 208.
Sta anche in questo dato l’espansione omogenea della Lega sul territorio. I risultati finali per circoscrizione danno già conto di questo fenomeno: la Lega conquista tre circoscrizioni su 5, superando il 40 per cento nelle due del Nord e sfondando al Centro (33,45 per cento). Ai 5 Stelle gli altri due collegi, con dati fra il 29 e il 30 per il cento, ma anche in queste aree meridionali la Lega è in crescita e supera il 20 per cento: il movimento, pur mantenendo la leadership, fra Sud e Isole ha perso oltre 2,7 milioni di voti rispetto alle Politiche del 2018, mentre Salvini ne ha conquistati quasi 1,1 milioni.
La Lega racimola il maggior numero di consensi in 13 regioni su 20, con la punta in Veneto, dove sfiora il 50 per cento dei voti. È la lista più gradita dalle Alpi fino al Tevere, con l’unica eccezione della Toscana dove svetta il Pd. Il simbolo di Alberto da Giussano primeggia anche in regioni tradizionalmente rosse come Emilia Romagna e Umbria, ma pure nel Lazio (con il record del 43 per cento a Frosinone), in Abruzzo e in Sardegna, dove a febbraio è stato eletto governatore un fedelissimo di Salvini, Christian Solinas.
Alla fine sono proprio i dati che vengono dai territori a confutare in modo definitivo l’accreditata tesi del recupero di M5S alla vigilia delle Europee: al Sud il movimento tiene (e Di Maio festeggia, si fa per dire, il 40 per cento a Napoli) ma paga dazio nelle Isole a un astensionismo da record, mentre scende a un misero 10 per cento nelle circoscrizioni del Nord. A Roma e Milano, le principali città amministrate dai pentastellati, M5S è terza, con percentuali rispettivamente del 17,6 per cento e del 13,3. A Milano Di Maio scende addirittura all’8,5.
È dalle zone metropolitane che giungono invece le notizie migliori per il Pd in fase di riscatto. Il sorpasso, nei confronti di 5 Stelle, è dovuto anche al primato dei dem in sei dei dieci capoluoghi più grandi d’Italia: Roma, Milano (dove a Giuliano Pisapia riesce l’impresa di battere Salvini), Torino, Genova, Bologna, Firenze. M5S è al primo posto a Napoli, Palermo, Catania e Bari. Il segno di una ripresa dopo il tonfo di un anno fa, mentre l’assenza della Lega in questa classifica dimostra che la Lega non ha una dimensione metropolitana.
Forza Italia, malgrado l’elezione di Berlusconi, prosegue nella sua china discendente, su un piano che è più inclinato al Nord che al Sud: Fi in Lombardia non va oltre il 5,8 e supera appena il 10 per cento a Milano. La performance migliore in Sicilia (16,99 per cento) dentro una lista che conteneva moderati di altri partiti: ma è un risultato lontanissimo dai fasti di un tempo. Basti pensare che nell’isola – vecchia riserva di consensi azzurri – in un anno Forza Italia ha perso 240 mila voti. Il sorpasso, da parte di Fratelli d’Italia, non c’è stato, però il partito della Meloni supera i berlusconiani nella circoscrizione Centro e li sopravanza in un quarto delle regioni: segnatamente in Lazio, Veneto, Umbria, Marche e Friuli. Anche questa una tendenza: nelle circoscrizioni del Nord Lega e Fdi, insieme, superano il 45 per cento, in Friuli e in Veneto hanno la maggioranza assoluta. Numeri che, per Salvini e Meloni, potrebbero rendere l’ipotesi di un governo sovranista qualcosa più di una suggestione.