Agosto, si sa, è un mese di colpi di mano e colpi di caldo. E pare discenda da entrambe le categorie il pericoloso emendamento al Milleproroghe con il quale il Senato ha congelato fino al 2020 (di fatto cancellandoli, salvo ripensamenti della Camera) quasi due miliardi di euro stanziati dai governi precedenti a guida pd per il risanamento delle periferie.
Proposto dalla maggioranza legastellata, è stato votato all’unanimità: sì, per distrazione anche dalle opposizioni, incluso il Pd che verso sera ha recitato il mea culpa sostenendo che il testo fosse… involuto (addirittura un «imbroglio» secondo il senatore Ceccanti). Si tratta di soldi pesanti, ottenuti da un centinaio di città che avevano presentato progetti per il Bando Periferie e sui quali i rispettivi Comuni avevano già impegnato poste di bilancio nell’imprudente convinzione che lo Stato non possa, come un baro qualsiasi, revocare in dubbio ciò che è stato pattuito (anche i franco-indiani acquirenti dell’Ilva si stanno invece accorgendo che può, eccome…).
Il tema è devastante, le periferie sono una bomba sociale. Per paradosso, sono state il volano del successo di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, capaci di convincere residenti afflitti dalla crisi e dai migranti che la musica sarebbe cambiata dopo il 4 marzo. In realtà già dal famoso di contratto di governo si capiva che quelle erano balle pre-elettorali: neanche un paragrafo era dedicato infatti a un tema così cruciale. Ora si va oltre. Si mettono in naftalina progetti di intervento su Corviale, Scampia, sull’hinterland di Milano, su decine di realtà minori.
La maggioranza sostiene che è vero il contrario e che l’emendamento restituisca soldi ai Comuni, sbloccandone gli avanzi di cassa dopo anni di vincoli. Ma le cifre sono ben altre, altro il senso politico: questi ultimi sono soldi già dovuti a tutti i Comuni, a pioggia; quello era un intervento mirato, per salvare l’Italia più a rischio e più negletta, ora sacrificata da Salvini e Di Maio per ragioni di bilancio nel tentativo di rastrellare quattrini che ne sostengano le vere cambiali elettorali, flat tax e reddito di cittadinanza. Il fatto che a sua insaputa abbia votato «sì» anche il Pd, ovvero il partito che proprio dalle periferie promette di ripartire e ha tenuto a Tor Bella Monaca la sua prima segreteria del nuovo corso, aggiunge un tocco di grottesca imperizia a questa cronaca triste. Dicono che fosse notte al Senato. Con questa maggioranza e queste opposizioni c’è da temere che nelle periferie italiane la nottata duri a lungo.