Dopo il lungo incontro con Matteo Salvini le associazioni del lavoro e d’impresa hanno ricevuto, stavolta a mezzo stampa, un nuovo invito. L’altro vicepremier, Luigi Di Maio, ha scelto non a caso il quotidiano della Confindustria per chiamare le parti sociali a quello che ha definito «un workshop di più giorni a palazzo Chigi». Evidentemente anche nell’epoca di Instagram le forze populiste stanno rivalutando il metodo del dialogo sociale vis-à-vis e non è certamente un male. Il rischio però per i sindacati d’impresa e del lavoro veramente rappresentativi è doppio: il primo è quello di essere confusi nel mazzo assieme a sigle del tutto irrilevanti, il secondo è di rimanere vittime della competizione Salvini-Di Maio, rimanendo incastrati in una singolare tenaglia. Il modo per uscirne c’è ed è abbastanza lineare. Confindustria, il club di Rete Imprese Italia e i sindacati confederali — ovvero il nocciolo duro della rappresentanza — dovrebbero incontrarsi tra loro prima di aderire a qualsiasi invito governativo ed elaborare una posizione comune attorno ad alcuni punti prioritari da sottoporre successivamente al confronto con Conte, Tria, Salvini, Di Maio o qualsiasi altro ministro abbia voglia di trascorrere un pomeriggio con loro. In questo modo, se non altro, eviterebbero di sentirsi proporre la settima o ottava ipotesi di sedicente flat tax e potrebbero esporre agli interlocutori governativi una ricetta sulla quale c’è già tra loro un ampio consenso: la riduzione del cuneo fiscale.