Parole in libertà (sui mercati finanziari) possono avere conseguenze dannose, e a pagare il conto sono famiglie e imprese. I tassi di interesse in Italia sono saliti senza la giustificazione dei fatti. Il monito è del presidente della Banca centrale, Mario Draghi, di solito restio a intromettersi nella politica nazionale. Ma questa volta Draghi si sente chiamato in causa dal suo ruolo di difensore dell’unione monetaria, che un Paese importante come l’Italia può mettere in crisi. È successo che lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi, e quindi la spesa per interessi legata al debito pubblico, sia aumentato senza una spiegazione valida, visto che i fondamentali dell’economia non giustificano l’improvvisa impennata oltre quota 300 punti. Colpa piuttosto delle dichiarazioni estive di alcuni politici che, con progetti di spesa fuori controllo, hanno messo in agitazione gli investitori, già cauti per l’alto debito pubblico italiano.
«Le parole negli ultimi mesi sono cambiate molte volte. Ora aspettiamo i fatti. E il fatto principale è la bozza della legge di bilancio, ma anche la successiva discussione in Parlamento, dobbiamo vedere com’è. È su questo poi che i risparmiatori, i mercati di capitali e gli investitori formano le loro opinioni. Sfortunatamente abbiamo visto che le parole hanno creato qualche danno», ha affermato Draghi durante la conferenza stampa a Francoforte, dopo la riunione del comitato di politica monetaria che ha lasciato invariati i tassi e ha corretto al ribasso le stime sulla crescita per il 2018 (dal 2,1 al 2%) e l’anno prossimo (dall’1,9 all’1,8%).
«I tassi di interesse sono saliti, e sono saliti per le famiglie e per le imprese», sottolinea il presidente della Bce. E vero che «è rimasto un episodio italiano, e non ha contagiato altri Paesi della zona euro». Ma precisa: «Almeno finora». Il rischio di uno spillover, cioè di un contagio, e di una nuova crisi resta. Perciò il banchiere centrale della zona euro sente il dovere di intervenire, proprio ora che il programma di acquisto di titoli sul mercato della Bce, già dimezzato a 30 miliardi mensili, sta per concludersi (a dicembre) e con i tassi di interesse al minimo storico («fino all’estate 2019»), una situazione che però toglie alla Banca centrale uno degli strumenti di azione per stimolare l’economia.
Se finora la Bce ha fatto da scudo alla speculazione e agli attacchi contro il debito italiano, nessuno però può pensare di finanziare la spesa pubblica grazie all’Eurotower. «Il mandato della Bce è la stabilità dei prezzi nel medio termine e il Quantitative easing è uno degli strumenti per raggiungere questo obiettivo. Il nostro mandato non è garantire che il deficit dei governi sia finanziato a qualsiasi costo», ha precisato.
È un discorso che negli ultimi anni il presidente della Bce ha indirizzato ad altri Paesi, inclusa la Germania due anni fa. E poi a Spagna, Portogallo e Grecia. E, però, le critiche indispettiscono Matteo Salvini. Il vice premier leghista risponde in serata. «Conto che gli italiani in Europa facciano gli interessi dell’Italia come fanno tutti gli altri Paesi, aiutino e consiglino e non critichino e basta», sostiene pur sapendo che il mandato Bce esclude espressamente che si tenga conto degli interessi nazionali.
Probabilmente la replica non farà piacere a Draghi, che già soffre di molti attacchi in Germania a causa della nazionalità italiana. Ma in fondo non è sul ministro leghista che fa affidamento il presidente della Bce perché l’Italia osservi i vincoli europei nella prossima legge di Stabilità, ricordando che «il presidente del Consiglio italiano, il ministro dell’Economia e il ministro degli Esteri hanno tutti detto che l’Italia rispetterà le regole». Sempre che, poi, il dibattito in Parlamento non stravolga il testo.
I mercati hanno già dimostrato che un Paese con un debito pubblico pari a oltre 2.300 miliardi di euro non può permettersi di lanciare segnali contradditori. È stato calcolato che il rialzo dello spread, con un aumento di un punto percentuale dei tassi di interesse, costerebbe 4 miliardi in più di spesa nel 2019. In un quadro di rallentamento della crescita, di aumento del prezzo del petrolio e di incertezza globale a causa della guerra commerciale con gli Stati Uniti e della volatilità sui mercati emergenti.