«Non è un problema che scenda in piazza la Lega, o il Movimento o i cittadini», dice sulla Tav il presidente del consiglio Giuseppe Conte, assicurando che il «governo si esprimerà» con una «valutazione trasparente». Ma la manifestazione in programma stamattina a Torino diventa una prova generale dell’eventuale referendum sul completamento dell’Alta velocità ferroviaria con Lione proposto dal presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino.
Un test che arriva in un momento di grandi scintille tra i due azionisti del governo, Lega e Movimento 5 Stelle, anche sulle trivelle con Matteo Salvini che bacchetta gli alleati: «Non si può dire sempre no». Il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli dice che l’analisi sulla Tav verrà «completata entro fine gennaio», ma il Movimento 5 Stelle conferma la sua contrarietà. Mentre in piazza Castello la Lega ci sarà. A guidare la delegazione sarà Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera e segretario del Carroccio piemontese. Con lui ci saranno i parlamentari locali ma non i big nazionali. Una scelta dettata dalla volontà di non portare materialmente in piazza la spaccatura nella maggioranza. Accompagnata dalla precisazione, un po’ acrobatica, che si tratta di una presenza «non politica» ma solo di una conferma della linea sempre sostenuta. Del resto i governatori leghisti di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, hanno già dato il loro ok all’ipotesi del referendum.
La spaccatura è chiara e il leader del partito Matteo Salvini la ricorda ancora una volta: «Io voglio un’Italia del sì che vada avanti e non indietro». Anche se poi lascia la porta aperta alla mediazione aggiungendo che «nessuno pretende che il progetto non si tocchi». Tradotto: lo stop ai lavori non è un’opzione possibile per la Lega tanto più in un momento in cui si moltiplicano i segnali di rallentamento dell’economia. Ma qualche aggiustamento è possibile, magari da validare poi con il referendum sul quale lo stesso Salvini ha già dato parere favorevole.
La manifestazione di oggi è organizzata dalle sette madamin del comitato «Sì Torino va avanti», insieme all’ex sottosegretario ai Trasporti del governo Berlusconi Mino Giachino, gli stessi promotori della protesta che lo scorso 10 novembre ha raccolto 40 mila persone. L’iniziativa — tecnicamente un flash mob — non ha un marchio politico. Circa un centinaio i Comuni che hanno dato la loro adesione. La stragrande maggioranza (79) sono del Piemonte, compresi alcuni della Val di Susa, attraversata dalla linea ferroviaria, tra i quali Chiomonte, Giaglione e Sant’Antonino. Quattro i comuni lombardi, Milano, Varese, Lecco e Bergamo, che sarà rappresentata direttamente dal sindaco Giorgio Gori. Quattro i comuni anche della Liguria, Genova compresa. E quattro pure dal Veneto, dove per Venezia a scendere in piazza sarà il sindaco Luigi Brugnaro, eletto nel 2015 per il centrodestra.
Il sindaco più a Sud è quello di Ascoli Piceno, nelle Marche. Città lontana dalla Torino-Lione anche se il primo cittadino, Guido Castelli (Forza Italia) ne fa una questione di principio sullo sviluppo del Paese, oltre ad essere tra i possibili candidati alle elezioni regionali del prossimo anno. Spigolature a parte, per Forza Italia ci saranno anche il presidente della Liguria, Giovanni Toti, e le due capogruppo alla Camera e al Senato, Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini. Per Fratelli d’Italia ci dovrebbe essere il piemontese Guido Crosetto. Mentre dal Pd si annuncia la presenza del candidato alla segreteria Maurizio Martina.