Aquesto punto va bene (quasi) tutto, pur di scongiurare il caos. Un governo politico, uno tecnico (la soluzione preferita), perfino le elezioni. Purché si rimetta il Paese nei binari quantomeno dell’ordinaria amministrazione, purché ci siano un premier e un ministro legittimati a sedersi ai tavoli europei – perché l’Europa si può ridiscutere, ma da dentro – purché si eviti questa confusione che genera incertezza e sfiducia, i due più grandi nemici delle imprese. Più dello spread e delle oscillazioni dei mercati. «Senza fiducia non si investe – dice Alberto Dal Poz, torinese, amministratore delegato della Comec e da un anno presidente di Federmeccanica – e questo vale tanto per gli imprenditori quanto per i grandi clienti che fanno le loro scelte. L’incertezza, l’instabilità, la precarietà del sistema sono altrettanti buoni motivi per fermarsi, o per guardare altrove. I mercati non aspettano noi».
«La ripartizione delle forniture da parte dei grandi gruppi internazionali tende già a diminuire il peso dell’Italia – conferma Andrea Tomat, presidente della Lotto Sport di Montebelluna, provincia di Treviso – e ad avvantaggiare i Paesi più stabili. Con tutta questa incertezza stiamo creando un pregiudizio negativo sull’Italia in una fase di ripresa. Rischiamo di perdere sei mesi, un anno di congiuntura favorevole». È questo quello che fa arrabbiare gli imprenditori, abituati a badare al sodo: l’opportunità di poter correre, di aumentare la velocità, e non poterlo fare perché la strada è piena di buche. Dopo tre mesi appesi alle cronache politiche e gli ultimi giorni passati a scrutare i monitor con gli indicatori dei mercati finanziari, hanno perso la speranza di un assestamento duraturo del quadro politico. Qualcuno, soprattutto nel Nord Est, il bacino elettorale della Lega, prova a evitare il “mea culpa” sottolineando la distanza tra lo stile amministrativo prudente e attento al mondo produttivo del governatore Luca Zaia, sul territorio, e quello sguaiato, spregiudicato, a livello nazionale, di Matteo Salvini.
Non hanno paura dello spread, non credono all’eventualità di una nuova stretta del credito da parte delle banche gonfie di titoli di Stato: «A differenza di cinque, sei anni fa ora le aziende sono sane. E l’interesse delle banche è prestare il denaro a chi sanno che ha la capacità di restituirlo». Ma non accettano che vengano messe in discussione l’appartenenza all’Europa e la moneta unica. «Non siamo nella condizione di dettar condizioni – sintetizza Tomat – Certo possiamo, anzi dobbiamo rinegoziare i costi della rappresentanza in Europa, che per noi sono troppo elevati, la farraginosità della burocrazia, le regole del gioco che la Germania ha imposto a misura del proprio modo di vedere il mondo. Ma l’unica opzione, per quanto critica, è stare dentro l’Europa e l’euro».
«Qualunque cosa accada le scelte dell’Italia sono vincolate alla necessità di ripagare il debito pubblico e di andare avanti nel processo di integrazione: dentro questo percorso bisogna stare. E la nostra parola d’ordine dev’essere disciplina, l’unica possibile in queste condizioni», ragiona il presidente degli industriali di Vicenza Luciano Vescovi. Che non vede l’ora di uscire da «questo Truman Show nel quale siamo precipitati. È un incubo: in tre mesi siamo passati da una situazione stabile e ordinata alla confusione totale». E torniamo daccapo, cioè alla necessità di ripristinare quel contesto minimo di stabilità e di fiducia nel futuro nel quale le imprese possano programmare gli investimenti e affrontare la competizione sui mercati. Tanto quelli internazionali, dove la concorrenza con gli stranieri rischia di tornare impari, quanto su quello nazionale, che rischia di veder soffocati quei segnali di ripresa ancora fragili che si erano percepiti negli ultimi due anni. Ciò su cui gli imprenditori, tutti, non hanno avuto difficoltà a concordare è che il prerequisito per ottenere questo risultato minimo è la salvaguardia delle istituzioni e del senso dello Stato, che pure nei giorni scorsi hanno subito scrolloni violenti. «L’invito che l’industria lombarda rivolge alla politica, nei giorni in cui viviamo uno scontro istituzionale senza precedenti, è ad abbassare i toni e a recuperare il senso dello Stato – dice il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti – La sua distruzione ne pregiudica il futuro, danneggia le imprese e azzoppa le prospettive per i giovani».