Societas delinquere non potest si studiava una volta sui dizionari giuridici. Le persone giuridiche non possono commettere reato. Non è più così e non solo per le società di capitali e le corporation. Pensiamo all’incidente in Arizona di un’auto di Uber che si doveva guidare da sola costato la vita a una donna circa un mese fa. Questa tipologia di auto è un robot (negli Stati Uniti la chiamano difatti robotic vehicle) ed è la riprova che la nostra epoca sarà caratterizzata da un dilemma che prima regolava solo la vita all’interno delle fabbriche: il rapporto tra noi esseri umani e le macchine, antropomorfe e non.
Il punto – ha sottolineato venerdì 18 maggio all’università di Padova l’ex ministro dell’Istruzione ed esperta di robotica Maria Chiara Carrozza – è accettare la fallibilità della tecnologia senza inciampare in quello che è il messaggio interessato spinto dalle corporation. Detto in altri termini dobbiamo sperimentare sì, ma definendo bene quelle che sono le regole del gioco della nuova economia robotica.
Regole e innovazione possono sembrare in contraddizione ma non è così: è un diffuso malinteso che la regolamentazione sia un freno per il cambiamento. Anzi: la draisina, la madre della bicicletta è stata inventata nel 1817. Ma prima di arrivare alla sua evoluzione con freni e pedali si passò dalle prime leggi (a Milano un editto regio del 1818 né limitò la circolazione per questioni di sicurezza) e dalle multe.
Per certi versi una giusta regolamentazione potrebbe addirittura favorire la diffusione dell’Innovazione “sociale”, cioè con il cittadino al centro, come dovrebbe essere. Per parlare di questi e di altri temi connessi all’idea, speriamo non utopica, di una società migliore della tecnologia sono intervenuti in questi giorni, proprio al Festival dell’Innovazione, ospiti eterogenei portatori di culture diverse, dal teologo Vito Mancuso all’astronauta Franco Malerba.
*Corriere della Sera, 19 maggio 2018